Dietrofront su Opzione donna. Sembra destinata a saltare la modifica introdotta dal governo in manovra che avrebbe legato la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici al numero dei figli.

Si tornerebbe alla norma originaria, prorogata per un altro anno.

Un passo indietro che potrebbe essere stato dettato dai rischi di incostituzionalità (sollevati da giuristi esperti in materia) e che si va ad aggiungere alle perplessità sulle coperture.

 

La novità su Opzione donna era emersa durante il varo della manovra in consiglio dei ministri: "Prorogata per il 2023 con modifiche: in pensione a 58 anni con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi", si spiegava nel comunicato di Palazzo Chigi.

Nella bozza circolata poi nei giorni scorsi l'articolo però risultava ancora vuoto. E ora si scopre il motivo: al ministero del Lavoro, infatti, si starebbe lavorando per confermare fino al 31 dicembre 2023 la precedente norma (pensione anticipata per le lavoratrici con 35 anni o più di contributi e almeno 58 anni d'età per le dipendenti e a 59 anni per le autonome): la proposta sarebbe all'attenzione del Ministero dell'economia, si spiega, per le coperture. Ma il vero nodo non sarebbero le risorse: la modifica sarebbe nata originariamente per ottenere dei risparmi restringendo la platea; ma poi si sarebbe visto che i risparmi non erano così determinanti. Anche nella versione originaria, Opzione donna vale infatti un centinaio di milioni di euro, cifra non esorbitante considerando i volumi complessivi della manovra.