Beni mobili e immobili per quasi 9 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria al Gruppo Sapone, realtà imprenditoriale che avrebbe beneficiato dell'eredità del "re dei videopoker" Gioacchino Campolo e, quando quest'ultimo era finito nei guai giudiziari, era subentrato nel business delle slot. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale reggino su richiesta della Procura. I finanzieri hanno apposto i sigilli a terreni, a fabbricati e società riconducibili ai coniugi Antonio Sapone, di 52 anni, e Maria Ripepi (51) ai quali, assieme al figlio Vincenzo Sapone (28), sono stati sequestrati anche rapporti finanziari a causa di una sproporzione valutata in 8,8 milioni di euro. Secondo la Procura, tutti e tre sarebbero "contigui al gruppo mafioso Labate". Il gruppo, secondo quanto emerso dalle indagini, di fatto ha preso il posto di Gioacchino Campolo. I coniugi e il figlio, negli ultimi anni, sarebbero riusciti a fare quel salto imprenditoriale con una vertiginosa crescita economica grazie alle "sponsorizzazioni" assicurate dalla cosca Labate detta "Ti Mangio". Oltre che dalle indagini, la loro vicinanza ad ambienti criminali è stata confermata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia come Mario Gennaro, Enrico De Rosa e Stefano Tito Liuzzo. Per Antonio Sapone, Maria Ripepi e Vincenzo Sapone l'accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma sono indagati anche per "plurime condotte - scrivono gli investigatori - integranti delitti contro la pubblica amministrazione, grazie al concorso di pubblici ufficiali infedeli".
Nell'inchiesta c'è anche un episodio di corruzione di un ispettore della Polizia di Stato in servizio alla questura di Reggio Calabria. Il fatto risale al 2012 e l'ispettore è ormai in pensione. Stando, però, a due informative del marzo 2019 e del gennaio 2020 redatte dalla Guardia di finanza e trasmesse in Procura dal maggiore Giovanni Andriani e dal capitano Flavia Ndriollari, "in cambio dell'assunzione del figlio, il pubblico ufficiale interveniva per fare ottenere a Vincenzo Sapone le autorizzazioni necessarie alle sale giochi e scommesse di viale Calabria e via Camagna".