Torna al centro del dibattito il controverso progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, e lo fa con toni accesi. Da una parte, chi lo considera un'opera strategica per il rilancio del Sud, dall’altra chi lo definisce un pericoloso bluff da miliardi, carico di incognite ambientali e rischi criminali.

A rilanciare con forza il tema è Nino Germanà, senatore e commissario della Lega in Sicilia, che difende il progetto parlando di decine di migliaia di nuovi posti di lavoro e di un “indotto prezioso per l’isola e i suoi abitanti, nel rispetto delle regole e dell’ambiente”. Parole che arrivano come risposta alle critiche mosse dalla Cgil, accusata dallo stesso Germanà di “fare politica sulla pelle dei lavoratori”.

Durissima la replica di Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, che definisce gli attacchi della Lega “inaccettabili e irresponsabili”. Per Bonelli, il Ponte è un’opera dalle “gravi criticità tecniche, ambientali e normative”, ma soprattutto un progetto che rischia di diventare terreno fertile per la criminalità organizzata.

A preoccupare sono anche gli espropri di terreni riconducibili a famiglie di 'ndrangheta e Cosa Nostra, così come l’acquisto di aree destinate a cave e depositi da parte di soggetti legati ai clan. Bonelli sottolinea inoltre l’assenza di un vero protocollo di legalità e l’esclusione, da parte del Ministero delle Infrastrutture, di enti chiave come ISPRA, INGV, ANAC e il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Il progetto, con un costo stimato intorno ai 15 miliardi di euro, secondo l’esponente ambientalista “sottrae risorse preziose al Sud” che potrebbero essere destinate a opere davvero utili e prioritarie, come scuole, sanità e trasporti interni.

Il Ponte sullo Stretto, dunque, si conferma simbolo divisivo di una visione del Sud: tra chi lo sogna come volano di sviluppo e chi lo teme come trappola economica e infrastrutturale. Intanto, le polemiche infuriano, ma la Calabria e la Sicilia restano in attesa di risposte concrete, oltre gli slogan.