Calabria di fronte all’invasione dei cinghiali: agricoltura in allarme e incubo peste suina africana
La Calabria vive un’emergenza senza precedenti dovuta alla proliferazione dei cinghiali, un problema che si estende a livello nazionale ma che qui assume contorni particolarmente critici

Campi devastati, incidenti stradali e perfino aggressioni all’uomo – come il tragico episodio di Cetraro (CS) in cui a marzo un agricoltore ha perso la vita dopo l’attacco di un cinghiale – hanno innescato l’allarme tra gli agricoltori e le istituzioni locali.
Ad aggravare lo scenario è la minaccia della peste suina africana (PSA), malattia virale che si sta diffondendo tra i suidi e che in Calabria ha trovato terreno fertile a causa dell’elevata presenza di fauna selvatica. Le informazioni più recenti delineano una situazione che richiede interventi immediati e coordinati: la “invasione” di cinghiali è ormai fuori controllo e rischia di compromettere non solo l’economia rurale, ma anche la salute animale e la sicurezza pubblica.
Un problema nazionale che dilaga
L’emergenza cinghiali non è solo calabrese: in tutta Italia si registra un aumento esponenziale di questi animali e dei conseguenti danni. Secondo un’analisi Coldiretti diffusa dall’ANSA, sul territorio nazionale si stima la presenza di circa 2,3 milioni di cinghiali, responsabili di oltre 200 milioni di euro di danni all’anno alle colture agricole. Le incursioni degli ungulati non risparmiano nessuna regione e causano campi coltivati letteralmente rasi al suolo. In regioni come Puglia e Toscana – tra le più colpite – si contano rispettivamente circa 250.000 e 200.000 cinghiali, con perdite economiche stimate in 30 e 20 milioni di euro annui. Anche sul fronte della sicurezza stradale l’impatto è pesante: 170 incidenti causati da animali selvatici solo nel 2023 (in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente), alcuni dei quali con esiti mortali. Di fronte a questa escalation, Coldiretti ha riunito migliaia di agricoltori in manifestazioni da Nord a Sud, chiedendo alle istituzioni di “mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici” e di dare la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. L’associazione denuncia infatti ritardi nell’attuazione dei piani straordinari di abbattimento a livello regionale e invoca azioni decise per contenere quella che definisce senza mezzi termini una emergenza nazionale.
Calabria, agricoltura sotto assedio
In Calabria l’allarme è altissimo: la nostra regione, caratterizzata da vaste aree rurali e parchi naturalistici, sta subendo un assedio quotidiano da parte dei cinghiali. «Dal Pollino allo Stretto» – come denuncia la Cia-Agricoltori Italiani Calabria – arrivano segnalazioni di agricoltori esasperati che ogni giorno assistono impotenti alla distruzione di coltivazioni, orti familiari e pascoli. L’altissimo numero di cinghiali presenti sul territorio calabrese sta invadendo anche le pochissime zone agricole che finora erano rimaste indenni, spingendosi persino nei pressi dei centri abitati e mettendo in pericolo la popolazione. Non è raro ormai avvistare gruppi di cinghiali nelle periferie dei paesi e delle città, attratti dai rifiuti o dai raccolti non protetti, con episodi che destano paura tra i residenti. Coldiretti Calabria, a seguito dell’incidente mortale di Cetraro, ha sottolineato come non si tratti più solo di un problema agricolo: «È una vera emergenza di ordine pubblico». I cinghiali attaccano gli allevamenti, causano incidenti stradali e rendono impossibile la convivenza nelle zone rurali, dove intere famiglie rinunciano a coltivare orti e terreni per timore dei raid notturni di questi animali. Secondo le stime di Coldiretti, i danni economici in Calabria hanno ormai superato i 10 milioni di euro l’anno, un peso insostenibile per un comparto agricolo già fragile. Di fronte a quella che viene definita un’invasione senza freni – un’"invasione di cinghiali" che ha fatto scattare l’allarme fra gli agricoltori calabresi [Calabria News 24] – monta la protesta delle associazioni di categoria, che chiedono interventi rapidi e straordinari.
Peste suina africana: l’ombra della nuova minaccia
A rendere ancora più grave la diffusione incontrollata dei cinghiali è il ruolo che questi animali giocano nella propagazione della peste suina africana (PSA). Questa malattia virale, spesso letale per cinghiali e maiali (ma non trasmissibile agli esseri umani), rappresenta un incubo per gli allevatori: in caso di contagio obbliga ad abbattere tutti i suini dell’azienda e blocca la movimentazione delle carni, con conseguenze economiche pesantissime. In Italia il primo focolaio di PSA nel selvatico risale all’inizio del 2022 in Piemonte, ma in poco tempo il virus ha raggiunto altre zone della penisola, favorito proprio dall’ampia presenza di cinghiali. Nel 2023 l’allarme è scattato anche in Calabria: in primavera è stata trovata a Cardeto (provincia di Reggio Calabria) la carcassa di un cinghiale morto risultato positivo al virus – il primo caso assoluto nella nostra regione. Nei mesi successivi i controlli hanno individuato altri focolai nel Reggino, in particolare sul versante ionico dell’Aspromonte: Africo e San Luca sono stati interessati da episodi di PSA in cinghiali e in alcuni allevamenti familiari di suini all’aperto. In totale, dall’inizio dell’epidemia a oggi, in Calabria sono stati confermati diversi casi di PSA nei cinghiali (almeno 17) e alcuni focolai nei maiali domestici (6 casi accertati), concentrati nell’area metropolitana di Reggio Calabria. Il governatore Roberto Occhiuto – in qualità di commissario straordinario per la sanità – ha subito dichiarato “zone infette” i 26 comuni interessati, emanando ordinanze restrittive: divieto di movimentazione dei suini, stop alla caccia nelle zone rosse e rigidi protocolli di biosicurezza per allevamenti e trasporti.
Nelle aree colpite della provincia di Reggio Calabria, la PSA ha inflitto un duro colpo alla tradizionale suinicoltura familiare: molte piccole aziende agricole e famiglie contadine hanno dovuto abbattere i propri maiali e cessare l’attività di produzione di salumi per consumo domestico. “In quelle zone è ormai scomparsa la cultura millenaria dell’allevamento del suino a uso familiare”, denuncia amaramente la Cia Calabria, sottolineando come finora non si siano visti interventi incisivi di eradicazione dei cinghiali infetti nonostante i piani annunciati. L’espansione della malattia è una minaccia diretta per un settore di eccellenza regionale: in Calabria operano oltre 5.000 allevamenti suini (in gran parte di piccola scala, spesso a conduzione familiare) con circa 52.000 capi complessivi. La filiera del maiale – tra produzioni DOP di salumi celebri (come ’nduja, soppressata, capocollo e salsiccia calabrese), allevamento, trasformazione e commercio – vale per l’economia locale circa 400 milioni di euro l’anno. Un eventuale dilagare della PSA metterebbe a rischio questo patrimonio agroalimentare, compromettendo posti di lavoro e investimenti. Coldiretti Calabria ha avvisato che «il rischio di diffusione della PSA attraverso i cinghiali è concreto: adesso più che mai è indispensabile ridurre numero e densità di questi animali, intensificando le attività venatorie e di controllo». L’organizzazione degli agricoltori teme effetti a cascata anche sull’indotto dei salumi DOP, pur al momento non coinvolti direttamente dal contagio ma inevitabilmente penalizzati da misure restrittive e timori dei consumatori.
Le richieste di CIA Calabria: “subito risorse e abbattimenti mirati”
Di fronte a questa emergenza duplice – da una parte l’assedio dei cinghiali, dall’altra l’incubo PSA – le associazioni di categoria calabresi fanno sentire la propria voce. CIA-Agricoltori Italiani della Calabria in particolare lancia un appello accorato: servono interventi immediati e straordinari a sostegno degli agricoltori e allevatori colpiti, nonché misure decise per contenere la fauna selvatica. “Per l’ennesima volta siamo costretti a intervenire sui danni continui che gli agricoltori stanno subendo a causa del proliferare senza freni dei cinghiali”, scrive CIA Calabria in una nota, evidenziando come la situazione sia fuori controllo “in quasi tutte le aree del territorio rurale calabrese”. L’organizzazione denuncia gestioni faunistiche inefficienti negli anni passati – con immissioni di cinghiali a scopo venatorio effettuate “senza alcun controllo” anche in zone dove la specie non era autoctona – e accusa una parte del mondo venatorio di “non mostrare interesse ad azzerare la presenza di questa specie aliena”. Insomma, secondo la CIA, i soli cacciatori sportivi non bastano (e non sempre collaborano attivamente) a risolvere il problema.
Sul fronte sanitario, CIA Calabria chiede massima determinazione nell’attuare i piani anti-PSA. “Ad oggi nell’area infetta non ci risultano interventi di eradicazione dei cinghiali”, lamenta l’associazione, ricordando che il Piano di eradicazione regionale è stato emanato ma deve tradursi in azioni concrete sul territorio. Intanto, molte aziende suinicole restano in ginocchio: a oltre due anni dal primo focolaio di PSA in Italia, alcune imprese non hanno ancora potuto riaprire a causa delle restrizioni sanitarie e della mancanza di rimborsi adeguati. Cristiano Fini, presidente nazionale di CIA, avverte che “non possiamo permetterci di perdere altre aziende: l’agricoltura sta pagando un prezzo altissimo e troppe imprese rischiano di non riprendersi mai più”. I fondi stanziati finora per l’emergenza PSA – sostiene Fini – sono insufficienti a coprire i danni subiti e a garantire un piano di risanamento per la riapertura degli allevamenti chiusi. La Confederazione chiede quindi al Governo un intervento immediato, con risorse finanziarie adeguate per indennizzare gli allevatori colpiti e sostenere la ripartenza delle attività. Allo stesso tempo, sul fronte del contenimento, CIA sollecita di rafforzare la sorveglianza sanitaria, la biosicurezza e le azioni di controllo sul territorio, specialmente ora che in primavera i cinghiali entrano nella stagione riproduttiva. L’ulteriore aumento delle popolazioni selvatiche, senza un freno, rischia di favorire una “nuova espansione del contagio” vanificando gli sforzi fatti. È in gioco un intero settore produttivo, ricorda CIA: 26 mila aziende suinicole in tutta Italia, per un valore di oltre 13 miliardi di euro tra allevamento e industria di trasformazione. “Serve una risposta rapida e forte, che non solo argini l’emergenza sanitaria, ma dia anche un segnale di fiducia a chi continua a credere nel futuro della propria attività nonostante le difficoltà”, conclude Fini. Parole che suonano drammaticamente vere anche in Calabria, dove tanti piccoli allevatori aspettano aiuti concreti e la certezza di poter riprendere a lavorare in sicurezza.
L’appello di Coldiretti Calabria: “Piano straordinario da applicare subito”
Anche Coldiretti Calabria sta conducendo una forte campagna per affrontare l’emergenza cinghiali. Il presidente di Coldiretti Calabria Franco Aceto ha più volte richiamato l’attenzione pubblica, specie dopo gli ultimi gravi episodi. «Non possiamo più permettere che la presenza incontrollata della fauna selvatica continui a mettere a rischio la sicurezza dei cittadini e a distruggere il lavoro degli agricoltori», ha dichiarato Aceto, commentando i fatti di Cetraro. «L’aggressione mortale avvenuta dimostra che il problema ha superato ogni livello di tollerabilità e va affrontato con strumenti concreti e immediati». Coldiretti plaude alle iniziative messe in campo dalla Regione Calabria insieme all’assessorato all’Agricoltura, ma insiste sulla necessità di passare con urgenza dalla carta ai fatti. «È necessario che il Piano Straordinario di Controllo della Fauna Selvatica venga applicato in modo efficace e senza esitazioni – afferma Aceto – Ora servono azioni rapide e coordinate da parte di tutti i soggetti coinvolti, per accelerare il compimento di quanto pianificato, ristabilire un equilibrio sul territorio e garantire la sicurezza delle comunità rurali». L’organizzazione degli agricoltori chiede inoltre un maggiore impegno degli enti gestori delle aree protette (Parchi nazionali e riserve), spesso rifugio incontrollato per i branchi di ungulati: “Devono fare la loro parte – incalza Coldiretti – perché le zone attorno ai parchi sono tra le più colpite dai danni”. Nel frattempo, Coldiretti Calabria ha mobilitato i propri soci su tutto il territorio: numerose assemblee locali sono state organizzate per raccogliere le segnalazioni dai campi, e si stanno promuovendo corsi di formazione per agricoltori-volontari, affinché possano collaborare alle operazioni di contenimento (ad esempio partecipando ai piani di abbattimento selettivo in qualità di coadiutori). L’obiettivo, sottolinea Aceto, è fare rete: “Solo un’azione sinergica su più fronti potrà tutelare gli allevamenti, compensare i danni subìti dalle imprese agricole e riportare la situazione sotto controllo”. Parole dure, le sue, rivolte anche alle istituzioni nazionali: Coldiretti sostiene che servano modifiche normative per snellire la burocrazia e consentire interventi più incisivi contro l’eccesso di fauna selvatica (dalla semplificazione delle procedure di abbattimento, all’uso di strumenti tecnologici come visori notturni e trappole di cattura). Senza queste misure, l’assedio dei cinghiali rischia di rimanere irrisolto nonostante i proclami.
Regione e Protezione Civile: piani di contenimento e sostegni agli allevatori
Sul fronte istituzionale, la Regione Calabria e le autorità preposte hanno riconosciuto la gravità della situazione e stanno cercando di correre ai ripari. Già nell’ottobre 2022 – in piena emergenza PSA a livello nazionale – il presidente Roberto Occhiuto aveva approvato, in qualità di commissario alla sanità, un primo Piano quinquennale di intervento mirato proprio a arginare la diffusione della peste suina. Quel provvedimento, concertato con l’assessorato all’Agricoltura guidato da Gianluca Gallo, partiva da una constatazione chiara: anche in Calabria, come altrove, “negli ultimi anni si è assistito a un notevole aumento della popolazione di cinghiali, che provoca squilibri nell’ecosistema agro-forestale e desta grande preoccupazione per l’impatto negativo, anche sanitario”. In considerazione del ruolo epidemiologico dei selvatici, il piano del 2022 prevedeva di abbattere l’80% dei cinghiali stimati sul territorio regionale (per un totale di 82.000 capi in cinque anni) al fine di ottenere un significativo depotenziamento demografico della specie. Questo intervento straordinario, applicabile in tutte le aree (comprese zone protette, parchi e perfino aree urbane periurbane, in deroga ai divieti ordinari), integrava i piani di controllo faunistico già esistenti e coinvolgeva attivamente le squadre di caccia del territorio. I cacciatori di selezione e le squadre di braccata autorizzate dagli ATC sono stati invitati a incrementare i prelievi e, soprattutto, a collaborare nella sorveglianza sanitaria: ogni rinvenimento di carcassa di cinghiale morto (per sospetto PSA o altri motivi) deve essere immediatamente segnalato ai servizi veterinari. A tal proposito, la Protezione Civile regionale ha messo a disposizione un numero verde dedicato a cui cittadini e cacciatori possono segnalare la presenza di animali morti o cinghiali malati, così da consentire un pronto intervento delle autorità veterinarie per i prelievi e la rimozione in sicurezza delle carcasse infette. Questa sinergia tra mondo venatorio, agricoltori, servizi sanitari e Protezione Civile è ritenuta fondamentale per creare una “barriera sanitaria” e limitare la propagazione della PSA.
La Calabria tra le regioni italiane più attive nella lotta all’emergenza cinghiali
I numeri degli abbattimenti sono in costante aumento: secondo i dati del Dipartimento Agricoltura regionale, si è passati dai 19.225 capi prelevati (legalmente) nel triennio 2019-2021, a 23.157 nel solo 2022, fino a raggiungere 32.853 cinghiali abbattuti nel 2023. Nel primo quadrimestre del 2024, dopo l’introduzione di ulteriori misure di controllo, sono già 6.055 gli ungulati eliminati nei territori di caccia calabresi – un ritmo sensibilmente superiore agli anni precedenti. Numeri significativi, ma non ancora sufficienti a invertire la tendenza, dato l’alto tasso riproduttivo di questi animali. Proprio per dare una risposta più strutturata, la Giunta regionale ha recentemente varato un nuovo Piano straordinario quinquennale 2025-2029 per la gestione e il contenimento dei cinghiali. Approvato il 20 dicembre scorso, questo Piano aggiorna e rafforza le misure in campo, puntando su un approccio integrato e innovativo. “Si tratta di uno strumento innovativo e strategico – spiega la Regione Calabria in una nota – che rappresenta una risposta strutturata alle problematiche connesse all’eccessiva presenza di cinghiali sul territorio calabrese”. Il piano è frutto di un processo partecipativo che ha coinvolto istituzioni, associazioni agricole, associazioni venatorie ed enti locali, come ha sottolineato l’assessore Gallo: «Da anni il nostro territorio, al pari del resto d’Italia, affronta criticità crescenti legate all’espansione incontrollata della popolazione di cinghiali, con gravi ripercussioni sull’agricoltura, sulla sicurezza stradale e sulla biodiversità. Con questo Piano – ha aggiunto Gallo – gettiamo le basi per una gestione sostenibile e responsabile della fauna selvatica». In concreto, il Piano 2025-2029 prevede misure articolate: controllo selettivo della popolazione tramite catture con trappole e abbattimenti mirati, uso di tecnologie avanzate per il monitoraggio continuo dei branchi, installazione di recinzioni protettive nelle aree agricole più esposte, e la creazione di un tavolo tecnico di coordinamento che sovrintenderà all’attuazione e al monitoraggio dei risultati. Tutto ciò sempre nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza pubblica, ma con la consapevolezza che occorre agire in modo incisivo.
Parallelamente agli sforzi di contenimento, la Regione ha stanziato risorse per aiutare gli allevatori colpiti dalle epizoozie. L’Assessorato all’Agricoltura, in collaborazione con il governo regionale, ha destinato 5 milioni di euro del bilancio 2024 al ripristino degli allevamenti danneggiati dalla PSA e da altre malattie come la Blue Tongue (che ha colpito gli ovini). Tali fondi, accessibili tramite bando regionale, serviranno a indennizzare chi ha dovuto abbattere i propri capi e a finanziare la ricostituzione delle attività produttive: ogni azienda colpita potrà ricevere fino a 200.000 euro per acquistare nuovo bestiame sano e riprendere le produzioni, con procedure burocratiche semplificate gestite tramite la piattaforma regionale FinCalabra. “È una risposta rapida e concreta per un settore duramente provato dalle difficoltà”, ha dichiarato l’Assessore Gianluca Gallo presentando il provvedimento, rimarcando la volontà di sostenere gli allevatori e ridare fiducia a chi investe nelle nostre aree rurali.
La battaglia contro l’emergenza cinghiali e la peste suina africana in Calabria è dunque in pieno corso. Tutti gli attori in campo – agricoltori, allevatori, associazioni, forze politiche e Protezione Civile – concordano sulla necessità di non abbassare la guardia. I cinghiali, da risorsa venatoria qual erano considerati decenni fa, si sono trasformati in una minaccia per l’equilibrio del territorio e per l’economia agricola regionale. L’auspicio condiviso è che le nuove misure vengano applicate con determinazione e che diano frutti tangibili già nei prossimi mesi: una riduzione visibile delle popolazioni di ungulati, una minore incidenza di danni e incidenti, e soprattutto il contenimento definitivo dell’infezione da PSA nelle zone colpite. Franco Aceto di Coldiretti ha osservato che “il percorso da fare è stato tracciato insieme alla Regione”; ora si tratta di camminare spediti. La Calabria vuole difendere la sua agricoltura, le sue comunità e i suoi prodotti tipici: per farlo deve vincere la sfida di riportare sotto controllo l’invasione dei cinghiali, prima che sia troppo tardi. Le prossime settimane saranno cruciali per trasformare piani e promesse in azioni concrete sul territorio, nella speranza di garantire un futuro più sereno alle campagne calabresi.