C’è solo un mantra che ripetono la polizia postale, le associazioni contro il cyberbullismo e gli psicologi. Ed è: parlare. Parlare sempre se si finisce vittima dei bulli, parlare anche se si è diventati bulli un po’ inconsapevolmente, magari postando una foto senza rendersi conto delle conseguenze. Perché si può tornare indietro. La nuova emergenza è infatti l’età che porta con sé anche molta inconsapevolezza: autori e vittime di cyberbullismo sono ormai spesso poco più che bambini.

Il Covid, con la scuola in collegamento da casa, ha abbassato drasticamente l'età in cui per la prima volta si prende un tablet in mano, e i social, così come le chat di gruppo, per diversi mesi sono diventati l'unico modo per frequentarsi. Per questo, secondo gli psicologi, gli adulti ormai non possono starne fuori, anche se per ragioni anagrafiche non amano i social devono capire che sono parte integrante della vita dei figli e conoscerne i meccanismi. E anche loro devono prima di tutto parlare. Far diventare quello che succede in rete un tema come i tanti altri che si affrontano quotidianamente, con pregi e difetti, pericoli e regole.

Non è un caso che la polizia postale così come le associazioni che si occupano da anni di aiutare i ragazzi vittime di bullismo e cyberbullismo, come Telefono Azzurro, Save the Children, PsyPlus o Bulli Stop, oltre a fornire assistenza psicologica e in molti casi anche legale, puntino soprattutto a parlare con i ragazzi. Andando nelle scuole, condividendo le testimonianze di chi ci è passato e l’invito a non sentirsi sbagliati se si finisce nelle mani dei bulli. Spesso infatti è proprio la vergogna a frenare i ragazzi e farli continuare a subire in silenzio. Per questo anche gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale. “Il cyberbullismo - spiega Cristina Bonucchi psicologa della Polizia di Stato - è un fenomeno che sta riguardando fasce di età di poco più che bambini: la scuola media è il luogo nel quale più spesso avvengono queste prepotenze in un contesto nel quale sia le vittime sia gli autori spesso non hanno la consapevolezza né di quanto sia grave quello che stanno facendo né di avere diritto ad essere messi in sicurezza quando subiscono”. E l’imbarazzo nel raccontare quello che sta succedendo, finisce per farli continuare a subire in silenzio. “È un elemento molto importante perché i ragazzi non vogliono che i genitori sappiano che sono stati presi di mira, che sono stati troppo ingenui”. Così non dicono nulla in famiglia, spiega ancora la psicologa, e “continuano a subire le vessazioni. Provano a farcela da soli ma in molti casi non ci riescono e anche qui a volte si rivolgono a noi direttamente, prendono coraggio perché si sentono protetti dallo schermo e ci scrivono per essere aiutati”.

Chiedere aiuto è fondamentale perché ormai bullismo e cyberbullismo sono collegati e si entra in un inferno che ha una doppia faccia, quella sui social e quella a scuola. “La distanza tra reale e virtuale - assicura il presidente di Telefono Azzurro Ernesto Caffo - oggi non c’è più, per questo è importante andare nelle scuole, parlare con i ragazzi e proporgli soluzioni di aiuto e supporto”. Psicologico, ovviamente, ma non solo. Il centro Bulli Stop ad esempio fornisce una prima assistenza anche legale, oltre che pedagogica e psicologica per un fenomeno, spiega la presidente Giovanna Pini, “in continuo aumento”.

Resta fondamentale, per tutto ciò che riguarda la rete, informare subito la polizia Postale perché prima arriva la segnalazione più è facile intervenire. "Si può chiedere aiuto anche in maniera anonima - sottolinea Bonucchi - per noi è molto importante anche segnalare semplicemente un contenuto o un sito sospetto perché si tratta di un territorio enorme con vari ordini di rischio". Il cyberbullismo infatti “ha un pubblico potenzialmente enorme anche se può rimanere anonimo, questo può spingere il bullo ad agire in maniera più violenta e aggressiva, dicendo cose che dal vivo non direbbe”, avverte Giulia Lauri, psicologa e psicoterapeuta, coordinatrice dell’aerea scuola dell’associazione PsyPlus, partner locale di Save The Children per diversi progetti rivolti alle scuole. Anche per questo è importante reagire subito, parlando, segnalando, denunciando, perché spesso più il tempo passa e più le aggressioni, fisiche o virtuali, diventano violente. Parlare, spiega Pini è molto importante, prima di tutto per aiutare la vittima, ma anche perché in questo modo “riusciamo anche ad individuare il bullo che a sua volta sta vivendo un forte disagio e ha bisogno di aiuto”. Un elemento questo fortemente raccolto dalla proposta di legge contro il bullismo e il cyberbullismo che attende di essere approvata dall’aula. Eliminati gli iniziali riferimenti al codice penale, il testo ha puntato piuttosto l’accento sulla prevenzione e la rieducazione. E sulla necessità di aiutare il bullo “a recuperare l’empatia verso il prossimo”.