Cartolarizzazione dei crediti: un sistema che stritola imprenditori e distrugge l’economia reale
Sono sempre di più gli imprenditori calabresi che raccontano e denunciano situazioni da brividi

Nel cuore della provincia di Treviso, una rete ben organizzata di società di cartolarizzazione e recupero crediti agisce nell’ombra, acquistando debiti a pochi spiccioli e pretendendo riscossioni triplicate. Un meccanismo che ha devastato il tessuto imprenditoriale in tutta Italia e in Calabria, in particolare, ha segnato la fine di storie familiari lunghe generazioni.
Sono sempre di più gli imprenditori calabresi che ci scrivono, ci raccontano, ci denunciano situazioni da brividi.
Ci parlano di aziende storiche, attive da tre, quattro generazioni, che hanno chiuso i battenti sotto il peso di debiti gonfiati e richieste impossibili da soddisfare. Non si tratta solo di numeri o bilanci, ma di padri che non sono riusciti a passare il testimone ai figli, di intere famiglie che hanno dovuto licenziare i dipendenti, abbandonare i terreni, smantellare laboratori e officine. In Calabria, terra di sacrifici e lavoro duro, questo sistema ha lasciato macerie economiche ed emotive.
Treviso, il cuore operativo del meccanismo
Nel Nord Italia, e in particolare in provincia di Treviso, si concentra una rete compatta e ben strutturata di società di cartolarizzazione. Tutte intestate a pochi indirizzi, tutte collegate tra loro, tutte impegnate ad acquistare a pochi euro i debiti deteriorati delle aziende per poi reclamarli come se fossero oro.
A fianco di queste SPV, troviamo call center che operano il recupero in modo aggressivo, con telefonate minacciose, truffaldine, operatori che si spacciano per commercialisti o funzionari pubblici.
Quando il debitore, esausto, cede, parte la seconda trappola, viene proposto un finto “sconto” sul debito, che però implica la firma di un nuovo finanziamento con una società “amica” che ovviamente ha sede nello stesso indirizzo. Il risultato? Il debitore paga tre, quattro, cinque volte quanto valeva il debito originale. E nel frattempo, la sua azienda affonda.
In Calabria, un deserto che avanza
I racconti che arrivano dalla Calabria sono drammatici. Aziende agricole, piccole industrie di trasformazione, imprese edili, storiche officine meccaniche, caseifici, panifici, tutti schiacciati da una macchina che non guarda in faccia nessuno. Chi aveva costruito una realtà solida in trent’anni si è visto spazzare via da una pretesa inaspettata, violenta, ingiusta.
“Avevamo appena ripreso dopo il Covid, ci avevano concesso una moratoria bancaria, poi un giorno arriva una mail: il nostro debito era stato acquistato da una società di Treviso. Da lì è iniziato l’inferno”, racconta un imprenditore della provincia di Cosenza.
“Ci hanno telefonato decine di volte al giorno, dicevano che ci avrebbero pignorato tutto. Abbiamo firmato un accordo perché eravamo disperati. Oggi paghiamo tre volte quello che dovevamo e stiamo per chiudere”, aggiunge un altro da Vibo Valentia.
Un danno non solo economico
Non è solo il bilancio aziendale a essere compromesso. Questo sistema lascia dietro sé ferite profonde, senso di fallimento, rabbia. Imprenditori che si sentono truffati due volte, prima da un sistema bancario che li ha abbandonati, poi da un meccanismo “legale” che si arricchisce sulla loro rovina.
Chi ha investito la vita in un’attività produttiva si ritrova improvvisamente classificato come “cattivo pagatore”, etichettato, emarginato, escluso dal credito e dalla fiducia. Le famiglie si dividono, i dipendenti perdono il lavoro, le comunità locali perdono pezzi di storia, di identità, di economia.
È ora di fermare questa emorragia, serve un intervento normativo urgente.
Serve trasparenza nei meccanismi di cessione dei crediti, limiti ai profitti delle SPV, controllo severo sui call center abusivi, divieto di presentarsi con qualifiche false.
Ma soprattutto serve una nuova tutela per gli imprenditori, affinché non siano più prede di un sistema senza volto che compra a due soldi e pretende cifre insostenibili.
Se non si interviene subito, regioni già fragili come la Calabria saranno le prime a pagare il prezzo più alto.
Il sistema della cartolarizzazione non può diventare l’ennesima trappola per chi lavora onestamente.
Non possiamo più permettere che chi ha costruito ricchezza reale venga distrutto da chi produce solo carta.