Microplastiche nello Stretto di Messina: un nemico silenzioso tra Calabria e Sicilia
Un’area ad alta biodiversità minacciata dall’inquinamento invisibile: perché servono studi mirati e un monitoraggio scientifico del tratto di mare più dinamico del Mediterraneo

Lo Stretto di Messina, tratto di mare che separa la punta della Calabria dalla Sicilia, rappresenta un crocevia marittimo di primaria importanza, sia per la biodiversità che per le attività umane. Correnti marine complesse, traffico navale intenso, pesca tradizionale e insediamenti urbani costieri contribuiscono a rendere questo tratto di mare un ecosistema delicato, ma anche estremamente vulnerabile. Negli ultimi anni, l’attenzione scientifica si è concentrata sul monitoraggio della fauna marina, dei cetacei e delle specie pelagiche, ma resta sorprendentemente limitata la quantità di studi sistematici sull’inquinamento da microplastiche in quest’area. Le microplastiche – frammenti di plastica inferiori ai 5 mm – si accumulano nei sedimenti e negli organismi marini, entrando nella catena alimentare e minacciando la salute di interi ecosistemi.
Un vuoto nella ricerca scientifica
Mentre numerosi studi sono stati condotti lungo le coste tirreniche e ioniche italiane, lo Stretto di Messina appare come un "buco nero" nella cartografia scientifica dell’inquinamento plastico. Non esistono ancora, ad oggi, indagini dettagliate e continuative sulla presenza di microplastiche nei fondali dello Stretto, né sulla loro incidenza nei principali organismi marini della zona (pesci, molluschi, plancton). Questo vuoto conoscitivo è particolarmente allarmante se si considera l’effetto delle correnti di risalita (upwelling) e le turbolenze locali, che potrebbero favorire la concentrazione di microplastiche in punti specifici della colonna d’acqua. Inoltre, la zona ospita numerose aree protette e specie sensibili: senza dati certi, è difficile valutare il rischio ambientale effettivo. La mancanza di monitoraggi regolari ostacola anche eventuali strategie di mitigazione o piani di educazione ambientale rivolti alle comunità costiere.
Necessità di un approccio multidisciplinare
Affrontare il problema delle microplastiche nello Stretto richiede un approccio integrato e multidisciplinare. È fondamentale coinvolgere biologi marini, oceanografi, geologi dei sedimenti, ma anche ingegneri ambientali e ricercatori in scienze sociali per analizzare non solo la distribuzione fisica delle microplastiche, ma anche le cause antropiche e le implicazioni socio-economiche. Progetti pilota potrebbero combinare il campionamento dei sedimenti e delle acque superficiali con lo studio del contenuto intestinale di specie ittiche commerciali, al fine di tracciare il percorso delle plastiche nella rete trofica. Inoltre, l’impiego di droni marini, boe intelligenti e citizen science potrebbe contribuire alla raccolta dati in tempo reale. Un’iniziativa di questo tipo potrebbe trasformare lo Stretto di Messina in un laboratorio a cielo aperto per lo studio degli effetti delle microplastiche in un ambiente marino complesso, promuovendo al contempo la consapevolezza ambientale nella popolazione locale.