Il Codex Purpureus Rossanensis è un Evangeliario greco miniato di straordinaria importanza storica e artistica. Questo antico manoscritto contiene l’intero Vangelo di Matteo, gran parte di quello di Marco (ad eccezione dei versetti 15-20) e una parte della lettera di Eusebio a Copiano sulla concordanza dei Vangeli. Il “Rossanensis”, salvato da rapine, distruzione, oblio dalla Chiesa rossanese, è posseduto e conservato, da tempo immemorabile, dalla Cattedrale e dall' Arcivescovado dell'antica e prestigiosa città bizantina, ed è amorevolmente custodito, dal 18 ottobre 1952, presso il Museo Diocesano di Arte Sacra di Rossano

Un manoscritto adespoto e mutilo

Il Codice è considerato adespoto, poiché non si conoscono gli autori che lo hanno redatto, e mutilo: degli originari 400 fogli, ne rimangono soltanto 188. Realizzato su pergamena tinta di un caratteristico colore purpureo, il testo è scritto in maiuscola biblica o greca onciale. La scrittura è in scriptio continua, senza spazi tra le parole, priva di accenti, spiriti e segni di interpunzione, con l’eccezione del punctum, utilizzato per indicare la fine di un periodo.

Il contenuto è distribuito in due colonne per pagina, ognuna composta da venti righe. Le prime tre righe, che costituiscono l’incipit dei Vangeli, sono scritte in oro, mentre il resto del testo è in argento, conferendo al manoscritto un aspetto unico e sontuoso.

Le miniature: una testimonianza della vita di Cristo

Il Codex conserva quindici miniature di eccezionale bellezza. Dodici di queste raffigurano episodi della vita di Cristo, tra cui l’ingresso a Gerusalemme, la Crocifissione e la Resurrezione. Una miniatura è dedicata al Canone della concordanza degli evangelisti, mentre l’ultima è un ritratto di Marco. Queste illustrazioni, per la loro qualità artistica e ricchezza iconografica, rappresentano un patrimonio inestimabile per lo studio dell’arte e della teologia paleocristiana.

Origine e datazione: un mistero affascinante

Non esistono elementi certi per stabilire con precisione la datazione, il luogo di origine e l’identità di chi portò il Codice a Rossano. Tuttavia, gli studiosi concordano sul fatto che il manoscritto sia stato realizzato tra il IV e il VII secolo, con il VI secolo considerato il più probabile.

Confrontando il Codex con altri manufatti coevi di localizzazione certa, si ipotizza che sia stato creato in Siria, forse ad Antiochia. Un’altra teoria suggerisce che il manoscritto sia giunto a Rossano durante il VII secolo, portato da monaci greco-orientali in fuga a causa del primo iconoclasmo. Non è escluso, però, che sia stato un nobile della corte di Bisanzio a introdurre il Codice in Calabria.

La scoperta e lo studio scientifico

Il Codex Purpureus fu segnalato per la prima volta nel 1846 dal giornalista Cesare Malpica. Successivamente, nel 1879, i tedeschi Oscar von Gebhardt e Adolf Harnack ne avviarono uno studio scientifico, portando il manoscritto all’attenzione della comunità culturale internazionale. Da allora, il Codice è considerato una delle testimonianze più preziose della tradizione manoscritta paleocristiana.

Verso il riconoscimento UNESCO

Oggi, il Codex Purpureus Rossanensis è candidato a essere riconosciuto dall’UNESCO come uno dei beni eccellenti del patrimonio artistico mondiale. Questo riconoscimento contribuirebbe a valorizzare ulteriormente l’importanza storica, culturale e artistica di un manoscritto che rappresenta un capolavoro senza tempo, testimonianza della ricchezza e della profondità della tradizione cristiana antica.