Corte dei Conti di Catanzaro
Corte dei Conti di Catanzaro

Una delle opere pubbliche più ambiziose e strategiche per la Calabria non vedrà mai la luce. Si tratta della diga sul fiume Melito, nei comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta, il cui finanziamento – pari a 259.735.539 euro provenienti dalla Cassa per il Mezzogiorno e successivamente dai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture – è stato completamente revocato. Nonostante questo, sono stati spesi 102.602.269 euro in lavori inutili, rivelatisi dannosi sia dal punto di vista economico che ambientale. Le strutture parzialmente realizzate con tonnellate di cemento armato hanno infatti deturpato aree di alto pregio naturale, generando un danno ambientale permanente. La Procura della Corte dei conti di Catanzaro ha formalizzato la contestazione nei confronti del “Consorzio di bonifica ionio-catanzarese” (ex Consorzio di Bonifica Alli - Punta di Copanello) e dei due dirigenti pro tempore: Pietro Filippa, responsabile unico del procedimento tra il 2003 e il 2015, e Flavio Alfredo Talarico, direttore generale dal 1998 al 2014.

Le indagini e le gravi irregolarità progettuali

L’azione legale si basa sull’esito di un’indagine coordinata dal procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma, condotta dal sostituto procuratore generale Fernando Gallone con il supporto operativo della Guardia di Finanza di Catanzaro. I rilievi investigativi si sono concentrati sulla progettazione carente dello sbarramento artificiale sul fiume Melito. Già al momento della consegna dei lavori, il Servizio Italiano Dighe del Ministero delle Infrastrutture aveva segnalato la necessità di modifiche sostanziali al progetto per garantire la sicurezza dell’invaso, che avrebbe potuto rappresentare un pericolo per le popolazioni a valle. Nonostante le integrazioni apportate, redatte dallo stesso progettista originario poi deceduto, le criticità tecniche non sono mai state superate. Intanto, complicazioni legali e contenziosi con l’impresa aggiudicataria hanno fatto lievitare i costi fino a superare i 102 milioni di euro, per un’opera che risultava priva delle necessarie autorizzazioni e quindi, di fatto, non realizzabile.

Un'occasione mancata per lo sviluppo idrico ed energetico

Il fallimento del progetto rappresenta una gravissima perdita per il territorio calabrese, sia sotto il profilo infrastrutturale che socioeconomico. L’invaso artificiale, previsto tra le opere strategiche per la regione, avrebbe potuto risolvere in maniera definitiva la cronica carenza idrica che affligge circa mezzo milione di calabresi e centinaia di aziende agricole, frequentemente danneggiate dalla siccità. Inoltre, la diga avrebbe consentito la produzione di energia idroelettrica, in grado di alimentare circa cinquanta comuni situati a valle. Un intervento che, se correttamente pianificato e realizzato, avrebbe avuto un impatto positivo notevole sul tessuto economico, ambientale e sociale della regione. Al contrario, il risultato è stato un danno erariale pesante e un’opera incompiuta destinata a restare simbolo di inefficienza e spreco di risorse pubbliche.