Reggio Calabria, maxi appalto igiene urbana da 118 milioni €. Il costo stratosferico e le ombre sulla proporzionalità del servizio
Il Comune affida in un unico lotto da 118 milioni di euro il servizio di igiene urbana per quattro anni, con proroga possibile fino a cinque
L’amministrazione del Comune di Reggio Calabria ha affidato in un unico lotto, per la durata massima di 48 mesi con opzione di proroga per ulteriori 12, il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e delle connesse prestazioni accessorie di igiene urbana con un impegno contrattuale complessivo pari a 118 milioni di euro.
Il dato finanziario, già di per sé rilevante, assume una dimensione critica se rapportato alla consistenza demografica del territorio: circa 170.000 abitanti. Ne scaturisce una spesa pro capite che supera i 690 euro nell’arco contrattuale, un importo molto elevato se confrontato con le medie – pur variabili – di altre città meridionali come Bari o Salerno.
Le questioni emergenti sono molteplici. In primis, la proporzionalità del servizio risulta fortemente dubbia: perché un comune relativamente piccolo come Reggio – tutt’altro che metropoli – dovrebbe impegnare risorse di entità così elevata, se non sussistono elementi strutturali che giustifichino una tale scala? In secondo luogo, la modulazione del servizio appare potenzialmente sovradimensionata rispetto al reale fabbisogno locale, con conseguente rischio che si paghino “capitali fissi” eccessivi mentre la qualità o il livello del servizio non mostrano miglioramenti proporzionali.
Non solo cifre, però. L’appalto è stato al centro di un contenzioso che ha coinvolto sia il comune che le società partecipanti. L’aggiudicazione originaria era spettata alla Teknoservice S.r.l. il 20 agosto 2021, ma la società Ecologia Oggi Spa ha impugnato la decisione davanti al TAR Calabria, che ha accolto il ricorso. Il successivo giudizio del Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar il 25 gennaio 2024, rigettando i ricorsi del Comune e di Teknoservice.
Da questa vicenda emergono segnalazioni critiche: secondo il gruppo consiliare della Lega – Salvini Premier del Comune reggino, “il potenziale danno erariale da centinaia di milioni di euro scaturisce … dal valore dell’appalto da 118 milioni che l’Amministrazione ha sbagliato ad aggiudicare per ben due volte”.
Alla luce di ciò, la domanda che sorge spontanea è questa: si è trattato di una precisa progettazione del servizio o di un appalto rigido – e in ultima analisi oneroso – predisposto senza sufficiente dimensionamento rispetto alla realtà locale? È lecito sospettare che i “volumi” e i costi fissi siano stati calibrati come se Reggio fosse una città metropolitana a pieno regime, mentre invece la realtà operativa – lo si vede dal livello della raccolta differenziata e dalla logistica del conferimento – è ben altra.
Le criticità operative e finanziarie in evidenza
Dal dato economico emerge che la spesa pro capite risulta ben al di sopra della media. La struttura del servizio appare complessa: un unico lotto per l’intera gestione, durata pluriennale, prolungabile, che concentra su un solo operatore gran parte del rischio e della complessità. Questo modello può favorire economie di scala, ma anche generare rigidità e costi fissi elevati che gravano sui bilanci comunali e, indirettamente, sui cittadini.
In aggiunta, la catena dei subappalti – non sempre trasparente – può alimentare margini significativi per l’operatore principale che, in un contesto ad alto valore economico, può vedere diminuire la pressione competitiva. Questo scenario, seppur non denunciato in termini specifici nella documentazione pubblica, merita attenzione: in una gara da 118 milioni non è irrilevante quale percentuale finisca al “primo anello” e quale a subappaltatori, con conseguente impatto sul controllo pubblico e sulla qualità del servizio.
Sul fronte dei contenziosi, la vicenda giudiziaria ha registrato gravi errori dell’Amministrazione comunale nella gestione della procedura: secondo il Tar e poi confermato dal Consiglio di Stato, l’aggiudicazione originaria è stata viziata e dunque annullata.
Questo solleva dubbi sulla chiarezza del processo di selezione e sulla piena conformità alle migliori prassi amministrative. Formale regolarità non sempre significa efficienza ed economicità: e nel caso in questione, la lente dei giudici si è posata sull’iter, non sui costi operativi effettivi.
Un raffronto con altre città è utile
Se si guarda ad altre realtà del Sud Italia – per esempio Bari o Salerno – la spesa per abitante per il servizio rifiuti è sensibilmente inferiore, e la durata dei contratti più modulabile. Il confronto non è puramente statistico, ma serve a cogliere se il valore di 118 milioni appare congruo o eccessivo. Considerando gli abitanti di Reggio, la soglia di oltre 690 euro pro capite nell’arco dell’intero appalto appare difficilmente giustificabile senza livelli di servizio eccezionali o infrastrutture molto invasive.
In termini pratici, una città con popolazione simile non dovrebbe richiedere un investimento così alto se i parametri – raccolta, differenziata, conferimento, struttura impiantistica – non mostrano un salto di efficienza tale da giustificare il monte economico. Al contrario, in questo caso il servizio continua a confrontarsi con criticità note: ritardi nella raccolta porta-a-porta, difficoltà logistiche nelle aree periferiche, criticità nel conferimento in discarica e, più in generale, un sistema che fatica ad avvicinarsi alle migliori performance europee e nazionali.
Le implicazioni per i cittadini e per il bilancio comunale
Il rischio che si profila è duplice: da un lato, un onere economico elevato che grava sui bilanci comunali, con potenziale riflesso sulle tariffe che pagano i cittadini; dall’altro, la sensazione che la “scala” del servizio e degli investimenti non sia stata adeguatamente modulata sulla realtà locale, con sprechi nascosti non evidenziati dai dossier ufficiali. In una fase in cui il comune era uscito dal piano di riequilibrio e si era auspicata una riduzione del peso fiscale per i cittadini, l’avvio di un contratto così oneroso desta perplessità.
In più, il possibile “danno erariale” evocato dalla Lega – se confermato dagli organi di controllo – rappresenta un’ombra pesante che non riguarda solo la valutazione politica dell’amministrazione, ma potenzialmente un onere aggiuntivo per la collettività.
Richieste di chiarimento e trasparenza istituzionale
Alla luce di tutto quanto emerso, risulta indispensabile che il Comune di Reggio Calabria dia risposte chiare e pubbliche su alcuni punti strategici: a) quali siano stati i criteri di dimensionamento economico-finanziario del servizio, e se siano stati comparati con realtà analoghe nel meridione o nel centro-nord; b) quale porzione del valore contrattuale finisca effettivamente a prestazioni operative dirette rispetto ai costi indiretti/infrastrutturali; c) quale sia l’effettiva catena dei subappalti e con quali margini; d) quali siano i costi pro capite stimati al momento della progettazione e quali quelli effettivamente sostenuti finora, con un bilancio aggiornato; e) se sia stata aggiornata la tariffa TARI alla luce del costo complessivo e in che misura il cittadino finale avrà a carico la differenza rispetto a scenari più sostenibili.
Mettere in trasparenza questi elementi non è solo un adempimento formale: è un obbligo verso la cittadinanza che – nelle condizioni di difficoltà economica in cui ci troviamo – ha diritto di conoscere in modo chiaro quanto pesa ciascuna scelta sull’uso dei propri soldi.
In definitiva, Reggio Calabria si trova di fronte a una scelta cruciale: continuare con un modello che appare oneroso e poco proporzionato, oppure avviare un ripensamento della struttura del servizio, con affidamenti modulabili, minore rigidità contrattuale e maggiore controllo pubblico. Il maxi appalto da 118 milioni non è soltanto una cifra da grande città: è un campanello d’allarme su trasparenza, efficienza e utilizzo corretto delle risorse pubbliche in un territorio che ha bisogno di investire ogni euro con rigore e visione.