Microbioma nascosto: le grotte calabresi come frontiera della biodiversità invisibile
Un viaggio nel sottosuolo della Calabria tra microrganismi unici, potenziale biotecnologico e la necessità urgente di tutela e ricerca scientifica

Le grotte naturali della Calabria, incastonate nei rilievi dell’Aspromonte, della Sila e del Pollino, rappresentano ecosistemi nascosti e ancora in gran parte inesplorati. Questi ambienti ipogei, caratterizzati da umidità costante, assenza di luce solare e condizioni geochimiche estreme, ospitano comunità microbiche altamente specializzate. A differenza della fauna visibile, il microbioma delle grotte – ovvero l’insieme dei batteri, archei e funghi microscopici presenti – è ancora poco studiato, soprattutto nel contesto calabrese. Tuttavia, esperienze in altri contesti simili, come le grotte sarde o del Carso, dimostrano che questi microrganismi possono rivelarsi straordinari per la comprensione dell’evoluzione biologica, dei cicli biogeochimici e delle interazioni tra organismi in ambienti estremi.
Ricchezza biologica e nuove scoperte
I pochi studi preliminari condotti su campioni provenienti da grotte calabresi, come la Grotta del Romito o la Grotta della Lamia, suggeriscono una biodiversità microbica sorprendente. Molte delle specie rilevate sono endemiche e mostrano adattamenti unici alla scarsità di nutrienti, alla bassa temperatura e all’assenza di luce. Alcuni microrganismi, ad esempio, producono enzimi in grado di degradare rocce carbonatiche o di sintetizzare sostanze antimicrobiche per difendersi dalla concorrenza. Questo patrimonio genetico rappresenta una miniera di opportunità per la ricerca biotecnologica: gli enzimi resistenti alle alte pressioni e basse temperature potrebbero essere impiegati in processi industriali sostenibili, mentre alcuni metaboliti microbici potrebbero offrire nuove soluzioni farmacologiche contro batteri resistenti agli antibiotici.
La sfida della conservazione e della ricerca interdisciplinare
Nonostante il potenziale straordinario, le grotte calabresi restano vulnerabili. L’accesso incontrollato, l’inquinamento da attività agricole o turistiche, e la mancanza di piani di monitoraggio mettono a rischio un equilibrio ecologico millenario. Per valorizzare e proteggere questi ecosistemi, è necessario avviare programmi di ricerca multidisciplinari che coinvolgano speleologi, microbiologi, geologi e biotecnologi. Anche il coinvolgimento delle comunità locali può essere decisivo, ad esempio attraverso progetti di citizen science o percorsi educativi dedicati alla biodiversità sotterranea. La Calabria potrebbe così diventare un punto di riferimento per lo studio e la valorizzazione delle grotte in chiave scientifica e sostenibile, trasformando questi scrigni nascosti in laboratori naturali di innovazione biologica.