Ad un anno dallo scoppio della crisi ucraina, l'olio di girasole non è più un prodotto di difficile approvvigionamento.


 

Merito della capacità di reazione dell'industria italiana, che ha saputo affrontare le conseguenze del conflitto, diversificando le provenienze e collaborando con le istituzioni nazionali.

 

Ad affermarlo, in una nota, è il Gruppo oli da semi di Assitol, L'Associazione Italiana dell'Industria olearia aderente a Federalimentare e Confindustria.


 

Il girasole è la base essenziale di numerosi filoni produttivi; dall'olio per l'industria alimentare e in ambito bakery, alle farine per uso zootecnico e alle oleine, fondamentali per l'industria oleochimica ed energetica.

 

In Italia, il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle 800mila tonnellate. L'industria italiana di spremitura produce soltanto 150mila tonnellate di olio grezzo: ecco perché da tempo il comparto si è rivolto soprattutto all'Ucraina che, insieme alla Russia, prima della guerra rappresentava il 60% della produzione mondiale di olio di girasole e circa il 75% dell'export mondiale di questo prodotto.

 

Già da alcuni mesi, le associazioni consumeriste e le organizzazioni agricole chiedono che si ritorni all'etichettatura pre-guerra, sospendendo così la deroga alla puntuale indicazione degli oli da semi impiegati nei prodotti dell'industria alimentare.


 

"Visto che l'emergenza è passata - osserva il presidente del Gruppo olio da semi di Assitol, Carlo Tampieri - ci sarebbero tutte le condizioni per ripristinare l'etichettatura standard".