Perché il coronavirus in alcuni casi provoca trombosi che possono essere fatali? Una scoperta tutta italiana, e più precisamente fatta da ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, permette di fare un importante progresso nelle nostre conoscenze sul Covid-19. Il lavoro è stato accettato il 26 maggio dall'American Journal of Hematology ed è già disponibile sul sito della rivista.

“Sapevamo che l’infezione da Covid-19 determina una grande propensione a sviluppare trombosi venose e arteriose anche mortali in una percentuale di pazienti che arriva fino al 50% - afferma Carlo Gambacorti-Passerini, professore di Ematologia e direttore della Clinica Ematologica dell’Università, presso l’Ospedale San Gerardo di Monza -. Rimaneva però ignoto cosa causasse questo fenomeno”.

Cos'è il marcatore sFlt1


I ricercatori si sono concentrati su un marcatore chiamato sFlt1, prodotto quasi esclusivamente dalle cellule endoteliali, quelle cioè che tappezzano la superficie interna dei vasi e che hanno il compito di evitare l’innesco della coagulazione. I valori di sFlt1 e, in particolare il rapporto tra sFlt1 e PlGF (un fattore di crescita per le cellule endoteliali), si innalzano fino a 5 volte durante il ricovero dei pazienti.

Perché si determina una trombosi


“Questo innalzamento avviene molto presto, nei giorni immediatamente successivi al ricovero”, aggiunge Andrea Carrer, dirigente medico Ematologia al San Gerardo. “Questa situazione non si verifica in altre condizioni patologiche, per esempio non avviene in pazienti affetti da polmonite Covid-19 negativi, e ha come unico precedente una malattia della gravidanza nota come 'preeclampsia' in cui l’elevato rapporto sFlt1/PlGF determina trombosi sia a livello della placenta che in altri organi”, osserva Valentina Giardini, dirigente medico ostetrico della Fondazione Mamma e Bambino, sempre situata all’interno del San Gerardo.

L'importanza dei farmaci anticoagulanti


Ma la conseguenza più importante è che questa alterazione chiama in causa la molecola che il virus utilizza per entrare nelle cellule, nota come ACE2. Il fatto che ACE2 venga soppressa dopo l’entrata del virus causa questo aumento di sFlt1 e, quindi, suggerisce che Covid-19 infetti direttamente le cellule endoteliali, almeno nei pazienti che sviluppano complicanze trombotiche.

Questo fatto, assieme alla precocità di alterazione del rapporto sFlt1/PlGF, oltre a chiarire il meccanismo di azione del virus, offre una razionale per l’utilizzo precoce di farmaci anticoagulanti (come l’eparina) e di altri farmaci quali aspirina o sartanici, in grado di bloccare l’aumento di sFlt1. “Questi risultati richiederanno conferma tramite studi prospettici - conclude il professor Gambacorti-Passerini - ma la loro rapida diffusione potrà permettere un trattamento più razionale ed efficace di questa nuova malattia”.