Una ventina di pagine per chiedere di riaprire il caso sulla Strage di Erba.


 

È la richiesta del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser che, ora, dovrà essere vagliata dai vertici del suo ufficio, il procuratore generale Francesca Nanni e l'avvocato generale Lucilla Tontodonati, alle quali toccherà dare il via libera alla trasmissione o meno dell'istanza alla Corte d'Appello di Brescia.

 

E' una richiesta sollevata "in tutta coscienza per amore di verità e di giustizia e per l'insopportabile pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l'ergastolo" quella con cui Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale di Milano, ha chiesto di riaprire il caso.

 

Le motivazioni della richiesta, depositata il 12 aprile, sono state puntualizzate da Tarfusser nelle 58 pagine del suo documento, come riferiscono alcuni quotidiani, in cui ha tenuto conto del lavoro del pool di difesa di Olindo e Rosa di questi anni.


 

Il pool di difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi presenterà la propria istanza di revisione del processo a Brescia "fra pochissimo tempo, indicativamente cinque o sei giorni", ha spiegato all'ANSA l'avvocato Fabio Schembi, legale della coppia insieme a Nico D'Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello.

 

Una istanza annunciata da tempo, che è una iniziativa diversa da quella della Procura generale di Milano che sta valutando anch'essa se chiedere la revisione del processo. "Sono soddisfatto e contento che anche la magistratura si possa interessare del caso.


 

A questo punto ce lo aspettavamo e lo auspicavamo", anche se "è molto difficile che ci sia una iniziativa del genere della Procura generale. E' accaduto pochissime volte". "Noi da qui a breve presenteremo la nostra richiesta, al di là di quella della magistratura. Faremo la nostra istanza, e se la Procura generale ne presenterà un'altra, ben venga".

 

E' del 12 aprile la notizia che il sostituto Pg di Milano Cuno Tarfusser ha depositato al procuratore generale Francesca Nanni e all'avvocato generale Lucilla Tontodonati la relazione con la richiesta di riaprire il caso sulla strage di Erba.

 

Una richiesta, si è saputo allora, che è stata redatta sulla scorta di nuovi elementi presentati dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, relazioni firmate da una quindicina di esperti che riguardano, per esempio, le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale e che non sono mai entrate nel procedimento, oppure gli audio e i video prima della confessione, per l'avvocato estorta, della coppia, i filmati girati in carcere dal criminologo Massimo Picozzi, allora consulente della difesa, e anche una relazione di un genetista secondo cui quella traccia ematica individuata sul battitacco dell'auto di Olindo Romano sarebbe stata una "suggestione ottica".

 

La decisione del procuratore generale Nanni e dell'avvocato generale Tontodonati, se trasmettere o meno gli atti alla Corte d'Appello di Brescia, sarà presa entro qualche settimana. Una volta trasmessa l'istanza o le istanze (visto che la difesa ha annunciato che presenterà una propria istanza di revisione) la Corte bresciana dovrà valutare se sono ammissibili. Qualora lo fossero si aprirà quindi un nuovo processo.


 

La strage è dell'11 dicembre 2006: quattro i morti, Raffaella Castagna e il figlio Youssef di due anni, la madre di Raffaella, Paola Galli e una loro vicina, Valeria Cherubini. Unico sopravvissuto, ma ferito, il marito di Valeria, Mario Frigerio, morto lo scorso gennaio.

 

Secondo il sostituto procuratore generale, il riconoscimento fatto da Frigerio può essere visto come una "falsa memoria" e la confessione di Olindo e Rosa ottenuta con "errate tecniche di intervista investigativa" e dubbi ci sono anche sulla macchia di sangue trovata sull'auto di Olindo.


 

Sintetizzando ulteriormente, già in primo grado ci sarebbe potuto essere un "sito processuale diverso". Resta ora alla Procura decidere se accogliere la richiesta di Tarfusser e dare il via libera alla trasmissione o meno dell'istanza alla Corte d'Appello di Brescia.

 

"Speravo fosse finita ma ci risiamo": Pietro Castagna non vuole parlare ancora della strage di Erba, in cui lui ha perso la sorella Raffaella, il nipotino Youssef e la mamma Raffaella, ma su Facebook riposta un testo firmato da lui e dal fratello Giuseppe nel 2018.


 

"Era l'ottobre del 2018, avevo scritto questo. Speravo fosse finita ma ci risiamo. Noi non diremo nulla. Non parleremo più con giornali o altro. Questo era e rimane il nostro pensiero…" premette ripostando il lungo messaggio.

 

"Abbiamo vissuto anni di processi, visto decine di periti, ascoltato centinaia di ore di dibattiti, non dieci minuti di trasmissione tra uno stacchetto della Marcuzzi e l'altro - hanno scritto Beppe e Pietro -, ma davanti a una corte di primo grado a Como, di secondo grado a Milano, una corte di cassazione a Roma in anni di processo, tre gradi di giudizio davanti a 26 giudici, davanti a noi parenti delle vittime".

 

"Premeditazione, movente, confessioni ( che io chiamerei rivendicazioni ), testimone oculare, tracce ematiche - hanno elencato -, intercettazioni, ammissioni annotate in carcere: potreste anche non essere convinti di qualcuna di queste cose, ma non potete credere che tutto sia davvero frutto di un complotto".


 

"Ora, non sta a noi, né difendere la Procura né gli inquirenti né il loro operato, consentiteci di difendere però la verità, che per noi è solo una - hanno ribadito -, consentiteci di essere indignati e increduli nel sentire gente che definisce i colpevoli come innocenti vittime di una giustizia sommaria e faziosa, definiti addirittura come 'un gigante buono e una gracile signora'.

 

Questo gigante buono e questa gracile signora hanno ucciso brutalmente nostra madre, nostra sorella, nostro nipotino, la signora Valeria, hanno tentato di uccidere il signor Mario, spezzando pochi anni dopo la sua vita e e la vita di nostro padre, facendo vivere a me e a Beppe, a Elena e Andrea Frigerio un incubo continuo".