C'era un tempo in cui questo tipo di repertorio era la manna dei collezionisti, erano i tempi dei bootleg fatti di preziose "alternative takes" o di versioni acustiche che acquistavano un sapore quasi mitico.

L'avvento del digitale e anche la consapevolezza che nei cataloghi, negli armadi e nei cassetti ci sono dei tesori, hanno trasformato questo repertorio "collaterale" in una produzione ufficiale.


Gli U2 sono andati più in la: hanno deciso di rileggere il loro repertorio più celebre, creando loro, oggi, versioni alternative proprio di quei pezzi che li hanno portati nella storia del rock. Basta ascoltare "Pride: in The Name of Love", il singolo che anticipa la pubblicazione di "SONGS OF SURRENDER", una collezione di 40 brani, scelti tra i più importanti del catalogo degli U2, ri-registrati e ri-immaginati per il 2023. La prima impressione è quella di un provino: chitarra acustica, la voce di Bono quasi baritonale, niente batteria e soprattutto nulla dell'epica rock tipica degli U2.

Per i collezionisti sarebbe una scoperta, ma molto diverso è il fatto che questa versione sia stata suonata oggi e che fa parte di un progetto il cui obiettivo è proprio rileggere, in certi casi riscrivere, il repertorio. Come indossare una maschera con gli occhiali e il naso finti o come quella di Zorro, sperando che nessuno ti riconosca.
Se pensiamo a Bono che ha detto di vergognarsi di alcuni dei brani degli U2 e aggiungiamo questa irresistibile voglia di rileggere la propria storia, possiamo facilmente arrivare a una crisi di identità.