E’ l’ultimo giorno dell’anno e i bilanci, pubblici o meno, ognuno tende a farli dentro di sé. Il 2020 è ormai sinonimo di sofferenza ma questa è una storia di speranza.

E’ la storia di Paolo, un uomo sulla sessantina che dopo un anno intenso passato a lavorare, come tutti gli anni, vive la gioia più bella per un padre, accompagnare la sua ultima figlia all’altare.

E’ una giornata di fine settembre ed un giorno speciale, perché le nozze sono nello stesso giorno del compleanno della sposa. Passa qualche giorno, è sera e Paolo si sente male. Viene trasportato d’urgenza all’Annunziata di Cosenza: si tratta di un ictus ischemico. Tutto sembra precipitare, la gioia di quei giorni appena passati, la fatica di un anno di preparativi e di lavoro, la figura stabile di un padre e di un marito che si piega, giorno dopo giorno.

I medici si sono pronunciati: Paolo non passerà la notte. Chiedono di poter parlare con i figli e la moglie, chiedono un riferimento non appena si verifichi l’inevitabile. Una condizione amara e paradossale, i familiari non possono neppure entrare in ospedale per vederlo, per parlarci e la lucentezza della fede al dito di sua figlia inizia a spegnersi, a poco a poco. Sbiadisce con le lacrime sul divano di casa, mentre tutto intorno c’è ancora qualche confetto bianco, tracce del giorno più bello tra i giorni felici. Sono tante e piccole le parole dette in quegli istanti che sembrano essere gli ultimi per dire grazie, scusa, ti voglio bene. Come se fosse necessario racchiudere in una parola tutto l’amore dimostrato in una vita intera.

Arriva una telefonata, Paolo si riprende, quella parte del cervello ferma, grazie alle cure del personale sanitario, rientra pian piano a rispondere agli stimoli e l’uomo è fuori pericolo. “Non lasciatevi rubare la speranza” ha detto qualcuno di importante anni addietro ed il miracolo inizia a compiersi. Paolo prega, mentre la sua barba cresce e con fatica riesce a parlare al telefono con la sua famiglia. Gli smartphone diventano l’unico modo per restare in contatto ed il mezzo attraverso il quale il paziente può vedere i progressi dei nipotini e leggere passi del vangelo insieme a sua moglie, stringendo forte il rosario e immaginando, per un attimo, che siano le sue mani.

Comincia in una clinica il percorso riabilitativo e lentamente si sforza di recuperare la parte del corpo ferma e rafforzare l’altra. Passano i mesi ma Paolo non può ancora tornare a casa, l’obiettivo è quello di rimettersi in piedi ed essere il più autosufficiente possibile. E’ arrivato dicembre e in tutte le case è pieno di luci colorate: la notte di Natale il personale di turno festeggia con i pazienti insieme a un pezzetto di pandoro e uno spumante, messo nei bicchieri di plastica che non si può bere ma è solo un gesto di auguri. Paolo sta sviluppando miglioramenti e grazie alla stanza degli abbracci può sentire l’amore della sua famiglia, guardare i loro volti coperti dalle mascherine e anche se non si vedono i sorrisi la vita passa come una valanga a superare qualsiasi tipo di barriera. Nel frattempo sua figlia aspetta un bimbo, Paolo è felice e la notizia gli dà l’energia per rimettersi in sesto e poter fare il nonno a tempo pieno.

E’ l’ultimo dell’anno e i suoi figli stanno andando a trovarlo, i medici hanno detto che sta meglio e che non è più in terapia intensiva: “torna tra un mese, hanno detto”.

Anche stanotte i medici e gli infermieri passeranno con il pezzetto di pandoro e quello spumante nei bicchieri di plastica che non si può bere, ma stavolta gli auguri avranno un sapore nuovo, un sapore di speranza. Paolo torna a casa e tanti altri come lui potranno riabbracciare i propri cari consapevoli di aver vinto la sfida con la vita. Buon anno, Paolo. Anche tu hai vinto.