La produzione di carne coltivata ha un impatto ambientale che nel breve termine potrebbe essere da 4 a 25 volte superiore rispetto alla produzione media di carne bovina, nel caso in cui per la venisse utilizzato un mezzo di crescita altamente raffinato.

Lo indica la ricerca online sul sito arXiv, che accoglie i lavori che non hanno ancora superato l'esame della comunità scientifica, condotta nell'Università della Califormia a Davis dal gruppo di Derrick Risner. Gli stessi ricercatori osservano inoltre che la valutazione dell'impatto ambientale delle tecnologie emergenti, come quella della carne coltivata, è un campo d'indagine molto recente e che saranno necessari ulteriori studi su questo tema.

In particolare i ricercatori hanno calcolato che la produzione di ogni chilo di carne coltivata prodotta potrebbe liberare nell'ambiente equivalenti di CO2 da 4 a 25 volte le emissioni della produzione tradizionale.

Gli autori della ricerca hanno calcolato i costi energetici relativi a ciascuna fase della produzione di carne coltivata, focalizzando l'attenzione sulle sostanze nutrienti nelle quali vengono fatte crescere le cellule staminali utilizzate nella produzione della carne. Sarebbero proprio queste sostanze nutrienti ad avere un forte impatto sull'ambiente, in particolare a causa dei processi di trattamento necessari per evitare la formazione di tossine o batteri.

"Anche su questo il Governo Meloni aveva ragione, - è il commento del ministro dell'Agricoltura della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida - motivo per cui, insieme al milione di firme che Coldiretti ha raccolto in oltre 3000 Comuni e alle tante Regioni che a prescindere dal colore politico hanno dato il via libera ad atti contro gli alimenti realizzati in laboratorio, con coraggio e lealtà abbiamo approvato la prima legge nel mondo che proibisce la produzione, la commercializzazione e l'importazione di alimenti in vitro. Prodotti che sono nemici della salute, dell'ambiente, della nostra economia e, quindi, anche della nostra civiltà".

. "Bene ha fatto l'Italia a esprimere per prima in modo chiaro la propria contrarietà" afferma il sottosegretario al ministero dell'Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D'Eramo nell'osservare che "gli unici a trarre beneficio dai prodotti sintetici sarebbero solo gli interessi delle multinazionali e di chi sta investendo cifre considerevoli in questo business".

"Ora la realtà - conclude il sottosegretario al Masaf Patrizio La Pietra - appare molto più chiara a tutti e non solo a noi: l'intento era demonizzare la zootecnia e le nostre abitudini alimentari, in funzione di logiche commerciali che nulla hanno a che vedere con la salute e la salvaguardia dell'ambiente.