E’ possibile che il virus SarsCoV2 accumuli mutazioni dannose fino a estinguersi, ma questo evento (del tutto casuale e poco probabile) può statisticamente verificarsi solo in un numero molto limitato di casi e quindi non può aver ‘spento’ da solo il contagio da Covid-19 in tutto il Giappone.

Lo spiega Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Roma Tor Vergata, sottolineando come l’attuale calo dei positivi nel Sol Levante sia probabilmente dovuto “a un mix di fattori che include anche l’uso delle mascherine e dei vaccini, cruciali per limitare la diffusione del virus.

L’evoluzione del genoma virale, ricorda l’esperto, è come una velocissima roulette russa in cui le mutazioni si susseguono in maniera casuale. “Alcune sono utili al virus, ma la stragrande maggioranza risulta dannosa”. Può dunque accadere che in una particolare discendenza del virus si accumulino troppe mutazioni abortive che portano quello specifico ramo all’estinzione.

“Secondo i ricercatori giapponesi guidati da Ituro Inoue – spiega Novelli - il virus avrebbe accumulato troppe mutazioni nella proteina nsp14 per effetto dell’interazione con un enzima delle cellule umane, Apobec3A, che è molto attivo nella difesa contro i virus: l’ipotesi è che gli asiatici possano avere una forma di questo enzima che facilita l’accumulo di errori nell’Rna virale, ma è ancora tutto da dimostrare, dal momento che non è stato pubblicato nessuno studio in merito”.

Se l’ipotesi dovesse essere confermata, potrebbe valere solo per un numero circoscritto di casi. “Quando parliamo di variante Delta dobbiamo ricordarci che non parliamo di un virus unico, ma di tanti sottogruppi diversi che cambiano continuamente di zona in zona, da persona a persona: è possibile che uno di questi ceppi si estingua, ma è poco probabile che la stessa cosa accada contemporaneamente anche in ceppi diversi”, osserva Novelli. E’ dunque prematuro pensare che quanto si è verificato in Giappone possa rappresentare l’inizio della fine della pandemia.