Gli spermatozoi non sono in grado di riparare i danni al Dna causati dall’esposizione dannosa alle radiazioni, e li trasmettono quindi ai figli nonostante i tentativi delle cellule uovo materne di rimettere insieme i frammenti di Dna danneggiato.

Lo ha scoperto uno studio dell’Università tedesca di Colonia condotto sul verme Caenorhabditis elegans, il più utilizzato dai genetisti, e pubblicato sulla rivista Nature.

La ricerca mostra che meccanismi simili potrebbero essere in atto anche negli esseri umani, aumentando il rischio di autismo e schizofrenia, ma indica anche possibili bersagli terapeutici per nuovi trattamenti dei danni da radiazioni.

I ricercatori guidati da Björn Schumacher hanno scoperto che gli spermatozoi maturi, a differenza delle cellule uovo, non possiedono i meccanismi necessari alla riparazione dei danni dovuti alle radiazioni.

Quando la cellula uovo viene fecondata da spermatozoi danneggiati, cerca di rimediare riassemblando i frammenti in modo causale, ma finisce per provocare profonde alterazioni della struttura dei cromosomi paterni e la prole risulta quindi affetta da gravi problemi dello sviluppo.

Infatti, una volta trasmesso, il Dna non può più essere riparato: questo perché le proteine che potrebbero sistemare il danno non riescono ad accedere al Dna a causa degli istoni, altre proteine che normalmente impacchettano il Dna nelle cellule e lo schermano da qualsiasi tentativo di riparazione. Gli autori dello studio hanno infatti verificato che, rimuovendo gli istoni, il danno ereditato per via paterna viene completamente eliminato.

Anche negli esseri umani gli spermatozoi hanno bisogno di essere protetti dalle radiazioni: “Danni simili possono essere inflitti durante la radioterapia o la chemioterapia”, dice Schumacher, “e il rischio resta alto per i due mesi successivi, il tempo entro il quale gli spermatozoi vecchi vengono sostituiti da quelli nuovi”.