Di seguito la dura e cruda analisi ma reale dell’On. Massimo Misiti

“Pochi ospedali, per lo più fatiscenti e organizzati male. Contratti a termine, apparecchiature obsolete o, peggio, mai messe in funzione, carenze di personale e deficit di bilancio! Con questi dati perché in Calabria un operatore sanitario dovrebbe scegliere di restare per prestare alla sanità la sua professionalità? Non c’è ancora una visione netta su come, dove e quando intervenire per rimettere in sesto un settore che, mai come in questo periodo di pandemia, è assolutamente vitale.

 

 

 

Le scene ormai quotidiane di lunghe file davanti ai pronto soccorso sovraffollati, lasciano impassibili i calabresi quasi rassegnati a quella che è diventata routine. L’accesso alle cure è diventato impossibile con lunghissime file d’attesa dove le prenotazioni per esami specialistici vanno ben oltre 12 mesi. A questo si aggiungano le difficoltà nel poter fare carriera in una professione, che se ben gratificata, è una fra le più belle del mondo.

 

 

 

 

 

Avere la possibilità di salvare vite umane, mettersi al servizio della comunità, contribuire alla guarigione di un paziente non possono essere gli unici stimoli per un medico che sceglie di restare in questa terra amara seppur bellissima e accogliente. C’è da aggiungere in vero che molti non hanno neanche lo stesso riconoscimento economico e tanti si imboscano negli uffici amministrativi, ma la sanità di cui hanno bisogno i calabresi non può e non deve essere questa!

I calabresi non meritano tutto questo e nemmeno i medici e gli esercenti la professione sanitaria. Quando da studente approcci ai tomi di medicina sogni di poter svolgere la tua professione con serenità e con tutti quegli strumenti di cui sei a conoscenza ma se poi arrivi ad esercitare in Calabria ti scontri con la realtà che è tutta un’altra cosa.

Ed ecco dunque che potendo scegliere le nostre migliori risorse ingrossano quel dato che definiamo emigrazione professionale e di conseguenza si acuisce l’emigrazione sanitaria. Come dar torto a chi vorrebbe lavorare in condizioni ottimali e soprattutto a chi vorrebbe ricevere le giuste cure mediche senza doversi scontrare con i quotidiani disservizi che vanno da quelli strutturali a quelli gestionali.

Un medico, così come un paziente, non dovrebbero avere timore di lavorare o recarsi nelle nostre strutture ospedaliere, ma accedervi con la certezza che sia garantito lo standard qualitativo previsto dai protocolli.

Ci sono certo anche le eccellenze, ci mancherebbe, ma finché resteranno delle mosche bianche, la sanità calabrese sarà sempre più debole perché depauperata di uomini e donne che hanno necessità, per lavorare, di certezze e garanzie che ad oggi non siamo in grado di soddisfare.”