E’ stata realizzata la prima mappa sull’origine dei rifiuti che raggiungono l’Artico, uno dei luoghi più incontaminati al mondo che negli ultimi anni sta però conoscendo il problema della plastica.


 

Un progetto di citizen scienze, ossia di ricerca fatta grazie alla collaborazione di semplici cittadini, coordinato dall’Istituto Alfred Wegener in Germania e descritto su Frontiers in Marine Science ha permesso di analizzare l’origine di questi rifiuti che arrivano anche da luoghi lontanissimi come Germania e persino Brasile.

 

Siamo tentati a immaginare le bianche distese dell’Artico come luoghi incontaminati ma negli ultimi anni è sempre più facile trovare lungo le spiagge grandi quantità di rifiuti.



Per capirne la composizione e soprattutto l’origine i ricercatori del Centro Helmholtz per la Ricerca Marina e Polare dell’Istituto Alfred Wegener ha chiesto l’aiuto ai turisti che nei periodi estivi vanno in visita alle isole Svalbard.


 

Nel tempo i volontari hanno raccolto circa 1.600 chili di rifiuti, ossia 23.000 oggetti di varia natura distribuiti su 25mila metri quadri di spiagge. I rifiuti sono poi stati catalogati e cercato di ricostruirne la provenienza.

 

Quasi il 90% di questi era plastica, soprattutto frammenti di reti e altri materiali usati nella pesca e il resto invece scarti di origine ‘domestica’, probabilmente trasportate da turisti o imbarcazioni che avevano attraversato l’area.


 

Gran parte degli oggetti di cui è stato possibile ricostruirne la provenienza giungono dai Paesi limitrofi, come Russia e Norvegia ma alcuni arrivano anche da molto lontano, come Germania, Stati Uniti, Brasile, Cina e Corea del Sud.

 

“I nostri risultati – ha detto una delle autrici, Melanie Bergmann – evidenziano che anche i paesi industrializzati prosperi, che possono permettersi una migliore gestione dei rifiuti, contribuiscono in modo significativo all'inquinamento di ecosistemi remoti come l'Artico”.


 

Un dato che conferma la necessità di migliorare non solo la gestione locale dei rifiuti, in particolare delle navi per turismo e la pesca, ma la produzione globale della plastica, anche nei paesi più avanzati.