Abbandono selvaggio di rifiuti
Abbandono selvaggio di rifiuti

In Calabria l’abbandono incontrollato di rifiuti è un fenomeno strutturale e dilagante che, da anni, compromette l’ambiente, la salute pubblica e l’immagine della regione. Strade rurali, scarpate, zone periferiche e perfino centri abitati sono spesso trasformati in discariche a cielo aperto. Sacchetti di plastica, elettrodomestici, pneumatici, mobili, lastre di eternit, carcasse di animali e rifiuti organici sono solo alcuni degli scarti che costellano il territorio calabrese, rendendolo uno dei più colpiti d’Italia da questo tipo di degrado ambientale.

Un problema che riguarda tutta la regione, ma con differenze marcate

Tutte le province calabresi affrontano il problema, ma con intensità differenti. I dati relativi alla raccolta differenziata, spesso considerata un indicatore indiretto dell’attenzione alla gestione dei rifiuti, mostrano una Calabria spaccata in due, le province più virtuose come Cosenza e Catanzaro, raggiungono percentuali superiori al 50%, mentre Reggio Calabria e Crotone restano molto indietro, faticando a superare il 25%. Questo divario si riflette in maniera tangibile sul territorio.

Reggio Calabria, in particolare, è il caso più emblematico di emergenza. Le periferie, così come alcune zone del centro, sono costantemente invase da cumuli di rifiuti che non vengono raccolti per giorni o addirittura settimane. La situazione è talmente grave che i cittadini, esasperati, documentano con video e fotografie le condizioni delle strade, invocando l’intervento delle autorità. Alcuni quartieri, come Arghillà, Gallico, Pellaro o Gebbione, presentano cumuli di immondizia che si trasformano in vere e proprie barriere alla viabilità o in focolai di infezioni, specialmente durante l’estate.

Cosa si butta? Una mappa del degrado

L’elenco dei materiali abbandonati è lungo e inquietante. Si parte da quelli “banali” come bottiglie, buste di plastica, scarti alimentari, cartoni e lattine, fino ad arrivare a materiali pericolosi e ingombranti. Tra i più comuni si segnalano:

Rifiuti ingombranti: materassi, divani, poltrone, armadi smontati, reti metalliche.

RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche): televisori, frigoriferi, lavatrici, condizionatori.

Inerti e scarti edili: piastrelle, mattoni, calcinacci, secchi di vernice o cemento.

Pneumatici fuori uso, spesso bruciati per recuperarne il ferro o per smaltirli illegalmente.

Amianto (eternit): un vero e proprio pericolo sanitario, presente soprattutto nelle aree rurali e nelle vecchie strutture industriali dismesse.

Carcasse di animali o rifiuti zootecnici abbandonati nei pressi delle strade secondarie o nei fossi.

Le cause del degrado

Le motivazioni di questo fenomeno sono molteplici. Da un lato, vi è una mancanza strutturale: impianti di smaltimento insufficienti, scarsità di centri di raccolta e isole ecologiche, sistemi di raccolta porta a porta non omogenei. Dall’altro, c’è una componente comportamentale: molti cittadini non sono adeguatamente informati o scelgono consapevolmente di liberarsi dei rifiuti nel modo più comodo, ignorando l’impatto ambientale.

C'è poi un fattore culturale profondo. In alcune aree, l’abbandono dei rifiuti è considerato quasi “normale”, una pratica tollerata o comunque scarsamente sanzionata. Le amministrazioni, pur dotandosi di regolamenti e sanzioni, spesso non hanno mezzi né personale sufficiente per controllare il territorio. In alcune zone, i pochi controlli effettuati con fototrappole hanno portato a multe salate, ma non sono riusciti a invertire la tendenza.

Le conseguenze: danni ambientali, sanitari e sociali

Le conseguenze di questo comportamento sono devastanti. I rifiuti abbandonati compromettono le falde acquifere, inquinano il suolo e l’aria (soprattutto quando vengono bruciati), mettono a rischio la fauna selvatica, deturpano i paesaggi e scoraggiano il turismo. Nelle aree rurali, la presenza di rifiuti vicino ai campi agricoli mina la sicurezza alimentare. Nelle città, accresce il senso di degrado e insicurezza, con impatti negativi sulla qualità della vita. Servono azioni coordinate. Da un lato, è necessaria una maggiore efficienza nella gestione dei rifiuti: più impianti, più centri di raccolta, un’estensione omogenea del porta a porta. Dall’altro, serve un cambio culturale, a partire dalle scuole, per sensibilizzare i cittadini fin dall’infanzia sull’importanza di rispettare l’ambiente. Le fototrappole e le sanzioni devono diventare parte integrante della strategia, ma non possono essere l’unico strumento.

Inoltre, il coinvolgimento attivo dei Comuni, delle associazioni ambientaliste e dei cittadini può fare la differenza: le giornate di pulizia partecipata, i progetti di monitoraggio civico e le segnalazioni anonime devono essere incoraggiate e premiate.