Come mangiavano i calabresi 60 anni fa: tra tradizione e cultura contadina
Una riflessione sull'alimentazione semplice e autentica che racconta il legame profondo tra i calabresi, la loro terra e il passato

L'alimentazione calabrese di 60 anni fa
L’alimentazione dei calabresi di sessanta anni fa era profondamente legata al territorio, alle stagioni e alla cultura contadina. Si trattava di una dieta semplice ma genuina, basata sulla disponibilità di ingredienti locali e su un uso parsimonioso delle risorse. Come sottolinea l'antropologo Vito Teti, la cucina calabrese del passato "non era un’abbondanza di carni e spezie, ma piuttosto una tavola povera, dove cereali, legumi e verdure selvatiche erano i protagonisti". L’uso della carne era limitato e riservato alle festività, mentre il pane fatto in casa rappresentava un elemento essenziale dell’alimentazione quotidiana.

Come mangiavano i calabresi 60 anni fa
L'autosufficienza alimentare nelle famiglie calabresi
L’importanza dell’autosufficienza alimentare era un tratto distintivo delle famiglie calabresi. Ogni casa contadina disponeva di un piccolo orto, dove si coltivavano ortaggi e legumi come fagioli, ceci e lenticchie. Le erbe spontanee e le verdure selvatiche, spesso ignorate oggi, erano molto apprezzate nella cucina tradizionale. "La vera ricchezza era saper trasformare pochi ingredienti in piatti sostanziosi e nutrienti", ricorda Giovanni Sole, storico dell’alimentazione calabrese. L’olio d’oliva, prodotto in loco, era la base dei condimenti, mentre il peperoncino, pur essendo un simbolo della Calabria moderna, non era utilizzato in maniera così predominante come si potrebbe pensare. Tuttavia, non tutte le famiglie potevano permettersi di usare regolarmente l’olio d’oliva: spesso, soprattutto nei contesti più poveri, si ricorreva al grasso di maiale per cucinare. Questo grasso, ottenuto dallo strutto, era un elemento fondamentale della cucina calabrese tradizionale e veniva impiegato per insaporire minestre, legumi e altre pietanze quotidiane.
L'influenza dell'emigrazione sulla cucina calabrese
Un altro elemento che ha avuto un forte impatto sulla cucina calabrese è stato il fenomeno dell’emigrazione. Molti calabresi, trasferitisi all’estero, hanno portato con sé le proprie tradizioni culinarie, ma spesso le hanno adattate alle nuove realtà. Vito Teti evidenzia come "l’emigrazione abbia contribuito a ricreare, e in alcuni casi reinventare, le tradizioni gastronomiche", dando origine a ricette che poi sono state reimportate in Calabria. Questa trasformazione ha portato a una percezione diversa della cucina tradizionale, influenzata dalle esperienze dei migranti. "Molte delle ricette che oggi consideriamo tradizionali non sono altro che il frutto di contaminazioni e adattamenti".
La reinterpretazione dei piatti calabresi
Anche lo storico dell’alimentazione Alberto Grandi ha analizzato il modo in cui molte ricette italiane sono state reinterpretate nel corso degli anni. Secondo Grandi, "molti piatti che oggi consideriamo tipicamente italiani hanno subito variazioni significative a causa della loro diffusione all’estero". Ciò è accaduto anche in Calabria, dove alcuni piatti sono diventati più ricchi di ingredienti solo dopo il rientro degli emigrati, che avevano acquisito nuove abitudini e influenze culinarie. "L’idea di una cucina immutabile è un mito: il cibo evolve insieme alla società", afferma Grandi.
Il ritorno alla cucina tradizionale
L’alimentazione calabrese di sessanta anni fa era dunque frugale ma equilibrata, fondata su una cucina di sussistenza che esaltava i sapori autentici della terra. Oggi, in un’epoca in cui si assiste a un ritorno alla valorizzazione delle tradizioni gastronomiche, è interessante osservare come questa cucina contadina venga riscoperta e apprezzata per la sua genuinità e semplicità. La memoria del passato ci insegna che il cibo non è solo nutrimento, ma anche identità culturale e legame con le proprie radici. "Riscoprire questi sapori significa riscoprire noi stessi" (Vito Teti).