Antonio “Totò” Musolino, il geometra che non volle piegarsi al racket
Ucciso il 31 ottobre 1999 a Benestare per essersi rifiutato di cedere alle richieste mafiose. Una storia di coraggio ancora avvolta nel mistero

La sera del 31 ottobre 1999, all’interno del suo frantoio oleario a Benestare, nel cuore della Locride, il geometra Antonio Musolino – noto come “Totò” – venne assassinato davanti al figlio. Era un uomo di 54 anni, titolare di un’impresa di costruzione, impegnato anche nel comparto agricolo e oleario. L’agguato fu rapide e spietato: due uomini travisati entrarono nel locale armati di lupara e spararono da brevissima distanza, centrando il volto della vittima con almeno tre colpi. L’attentato, che lasciò sfigurato l’imprenditore, venne ricostruito come un’azione mafiosa: Musolino, infatti, si era ribellato alle richieste di pizzo e aveva rifiutato di assumere persone segnalate dalle cosche.
Il profilo dell’uomo e le scelte coraggiose
Chi ha conosciuto Totò descrive un uomo “con la schiena dritta”, che non accettò compromessi. In passato, dopo una richiesta estorsiva, aveva denunciato i suoi aggressori, anche se non era riuscito a ottenere giustizia completa. Nonostante le minacce, egli continuò a lavorare, espandendo le sue attività e partecipando a gare d’appalto – una scelta che, in quel contesto, poteva “disturbare” interessi legati al racket e ad imprese mafiose. Gli investigatori considerano l’ipotesi che l’omicidio sia legato non tanto a una vendetta personale, quanto al controllo sulle imprese locali, ai contributi comunitari del settore oleario e alle commesse pubbliche.
Indagini, riaperture e interrogativi irrisolti
Per anni il processo si è arenato, con il Gip di Locri che archiviò per mancanza di quadro indiziario convincente. Tuttavia, il caso è rimasto vivo nella memoria della comunità e recentemente è stata chiesta la riapertura delle indagini da parte della Procura di Locri, coordinata dal sostituto procuratore Rosanna Sgueglia. L’obiettivo è verificare nuovi elementi, rivalutare le posizioni di tre ex indagati e fare luce su circostanze particolari della notte dell’agguato: tra queste la presenza sospetta di una Fiat Punto con individui coperti da cappelli a lunga visiera e l’inspiegabile comportamento di una volante della Polizia che avrebbe “lasciato passare” i killer.
Familiari e cittadini continuano a chiedersi: perché non furono mai ritrovati i capi di abbigliamento dei sicari, compresi un cappellino e un telo usato per occultare l’arma? Come mai, con modalità così evidenti e un testimone (il figlio), non si riuscì a ricostruire il corso dell’auto degli esecutori? E che cosa ostacolò il passaggio del fascicolo alla Direzione Distrettuale Antimafia, nonostante gli elementi mafiosi del delitto?
Eredità civile e memoria attiva
La figura di Totò Musolino è divenuta un simbolo della resistenza civile contro la mafia. La sua storia è cantata nei versi dei cantastorie calabresi e commemorata nelle iniziative civiche contro le mafie. Il suo nome è associato alla ferma precisazione che chi rifiuta il pizzo può pagare con la vita. In molti lo ricordano non come eroe mitico, bensì come un uomo comune che scelse la dignità davanti al ricatto criminale.
Ancora oggi, la sua vicenda interroga la giustizia, le istituzioni e la società calabrese: ricorda che non basta condannare i colpevoli — bisogna costruire un sistema che protegga chi rifiuta la connivenza mafiosa. La memoria di Antonio Musolino chiede verità non solo nei tribunali, ma nella coscienza civile e nell’impegno quotidiano contro l’omertà.