Nicola Gratteri
Nicola Gratteri

Sul Ponte sullo Stretto di Messina “prima bisogna conoscere gli atti, non basta leggere i giornali”. È la posizione del procuratore di Napoli Nicola Gratteri, intervenuto a Ping Pong su Rai Radio 1, dove ha commentato con la consueta chiarezza il dibattito sulla grande opera dopo il mancato via libera della Corte dei Conti.

“Non è mia abitudine – ha spiegato – esprimermi su casi complessi senza esaminare i documenti. Posso però dire che il ponte, come qualsiasi opera pubblica in Italia, si fa solo se serve e se il rapporto costi-benefici è positivo: altrimenti non si fa”.

“La mafia non può essere un alibi”

Gratteri ha respinto le argomentazioni di chi si oppone al progetto esclusivamente per la presenza della criminalità organizzata nelle due regioni interessate. “Non condivido il ragionamento di chi dice che non si debba costruire perché in Calabria c’è la ’ndrangheta e in Sicilia c’è Cosa Nostra. La lotta alla mafia è un’altra cosa. Per questo ci sono forze dell’ordine e magistrati, e se non basta – ha aggiunto – si cambiano le regole di ingaggio”.
Un passaggio netto, che distingue il tema della legalità da quello della funzionalità delle opere pubbliche, e invita a non usare la presenza mafiosa come pretesto per rinunciare allo sviluppo.

“Prima collegamenti e alta velocità, poi il ponte”

Interpellato come cittadino dalla giornalista Annalisa Chirico, Gratteri ha poi allargato il discorso alle priorità infrastrutturali del Mezzogiorno. “Non mi pare che calabresi e siciliani si stiano sbracciando per fare il ponte. La Messina-Palermo è una mulattiera, non esiste un treno dalla fascia ionica verso il Nord e mancano persino le bretelle tra Ionio e Tirreno”.
Il procuratore ha suggerito una diversa gerarchia di interventi: “Forse con quei soldi si potrebbe costruire l’alta velocità Messina-Palermo e Messina-Siracusa. Poi si possono introdurre traghetti più veloci, anche per le auto”.

I numeri che ridimensionano il traffico

Gratteri ha infine ricordato un dato significativo, spesso trascurato nel dibattito: il crollo dei flussi di attraversamento dello Stretto negli ultimi anni. “Prima del Covid – ha sottolineato – traghettavano 3,5 milioni di auto, oggi siamo a 1,5 milioni. Non c’è più la famiglia che parte da Torino con un mese di vacanza: si vola low cost a Catania, si affitta un’auto per una settimana e si riparte”.

Per il magistrato, dunque, il tema non è ideologico ma pratico: analizzare i numeri, valutare la reale utilità economica e sociale dell’opera e, solo dopo, decidere se il Ponte serva davvero al Paese o se le risorse vadano destinate a infrastrutture più urgenti per Calabria e Sicilia.