Lo Stretto di Messina rappresenta una delle aree a più elevato potenziale sismogenetico dell’intero bacino del Mediterraneo. La sua storia geologica e sismica lo conferma con chiarezza: la presenza di faglie attive e capaci, anche in ambito marino, ha generato in passato eventi estremamente distruttivi. Tra questi, il devastante terremoto e maremoto del 28 dicembre 1908, con una magnitudo stimata intorno a 7.1, rimane una delle più gravi catastrofi naturali nella storia italiana.

A lanciare l’allarme è Domenico Angelone, presidente dell’Ordine dei Geologi della Regione Molise e già segretario del Consiglio Nazionale dei Geologi, il quale sottolinea come quella magnitudo non rappresenti necessariamente il limite massimo possibile per l’area. «In uno scenario geodinamico complesso come quello dello Stretto, con numerose faglie attive e capaci (FAC), non si può escludere la possibilità di terremoti di energia ancora superiore», spiega Angelone.

Il contesto tettonico dello Stretto di Messina è infatti particolarmente articolato e instabile, rendendo il rischio sismico una realtà concreta, più che una remota ipotesi. «Questo impone valutazioni ingegneristiche accurate e improntate alla massima prudenza», aggiunge Angelone.

Un campanello d’allarme arriva anche dagli eventi sismici più recenti verificatisi in Italia centrale. Durante il terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016, la stazione accelerometrica AMT ha registrato un’accelerazione orizzontale prossima a 0,87 g, mentre in alcuni casi la componente verticale ha sfiorato 1 g — valori estremamente elevati, soprattutto in relazione a opere complesse e infrastrutture strategiche. In altre stazioni, i picchi orizzontali hanno raggiunto o superato 1 g, e in casi eccezionali, come alla stazione MZ01, si è arrivati a registrare fino a 1,5 g.

«Un dato molto discusso nella letteratura scientifica — osserva Angelone — ma che dimostra come, in condizioni di particolare prossimità alla faglia, si possano registrare livelli di scuotimento ben oltre le attese normative».

Questi elementi evidenziano la necessità di una pianificazione attenta e consapevole per qualsiasi progetto infrastrutturale nell’area dello Stretto. In un territorio dove il rischio sismico non è solo teorico ma documentato da secoli di eventi, è fondamentale basare ogni intervento su dati scientifici aggiornati, modelli predittivi realistici e criteri di sicurezza che vadano ben oltre il minimo richiesto.