“Fate il patto col diavolo, noi vi copriamo”: le intercettazioni shock dell’inchiesta “Millennium”
La conferenza stampa a Reggio Calabria riscrive la mappa del potere criminale in Italia

Un’operazione lunga sette anni, centinaia di militari coinvolti e 97 misure cautelari. Ma ciò che l’inchiesta “Millennium” restituisce oggi è soprattutto la fotografia aggiornata di una ‘ndrangheta mutata, sempre più azienda criminale globalizzata, ma ancora ancorata a logiche di sangue e territorio. A spiegarlo, nel corso della conferenza stampa tenutasi presso l’Aula Magna della Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria, sono stati magistrati e vertici investigativi della Direzione Distrettuale Antimafia, guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo.
Una struttura verticale, ma flessibile
L’indagine ha permesso di accertare l’esistenza di una struttura mafiosa unitaria, che si poggia ancora sul modello tradizionale dei “locali” ma che opera con logiche sovraordinate e moderne. Particolare rilievo è stato dato al “locale” di Platì, dominato dalla cosca Barbaro Castani, il cui vertice viene descritto come garante delle “regole”, dei “patti” e delle “prescrizioni” mafiose. Insieme a loro, operano anche altre articolazioni familiari come i Barbaro Nigri, i Barbaro Rosi di Agresta, i Trimboli, i Perre Maestro e i Sergi.
Il traffico di cocaina, un'impresa criminale internazionale
Secondo quanto emerso, il traffico di droga è oggi gestito attraverso una struttura stabile e sovraordinata, che riunisce le cosche dei tre mandamenti della provincia reggina (tirrenico, ionico e centro). La cocaina veniva acquistata in Colombia, Brasile e Panama, nascosta in container marittimi e sbarcata a Gioia Tauro con la complicità di operatori portuali. L’organizzazione si avvaleva di figure specializzate: importatori, broker, finanziatori. Il narcotraffico si configurava come un autentico ramo d’azienda mafioso, con distribuzione su scala nazionale e manodopera criminale spesso reclutata tra soggetti legati da vincoli di sangue e residenti nell’hinterland milanese e torinese.
Estorsioni e appalti
Le cosche esercitavano un potere capillare anche sugli imprenditori. I Barbaro Castani imponevano estorsioni pari al 3% del valore degli appalti alle aziende operanti sul territorio, soprattutto nei settori dei lavori pubblici. L’inchiesta ha documentato pressioni estorsive sistematiche, ma anche infiltrazioni negli enti pubblici per ottenere informazioni sulle gare, le ditte vincitrici e i flussi di pagamento. In alcuni casi sono emerse frizioni interne: come tra i Barbaro Castani e i Nigri, in merito all’appalto per la pulizia stradale nel Comune di Platì, o tra le articolazioni del “locale” di Locri per lavori a Gerace. Il quadro è quello di un’organizzazione tentacolare, capace di dettare le regole sia nel crimine che nell’economia legale.
Il ritorno del voto di scambio politico-mafioso
Una delle rivelazioni più gravi riguarda la compravendita di pacchetti elettorali. L’indagine ha fatto luce su una rete di intermediari mafiosi che, in cambio di incarichi e favori, si mettevano al servizio di candidati alle elezioni regionali calabresi. Come spiegato dai magistrati, gli indagati mostrano piena consapevolezza di trattare con famiglie mafiose, identificate anche tramite i nomi con cui sono note nella giurisprudenza (es. “i Timangiu” per i Labate). Particolare inquietante: i voti venivano scientificamente distribuiti tra mandamenti diversi, per evitare che si potesse ricondurre il successo elettorale a zone a rischio e quindi ostacolare una futura indagine giudiziaria. Una strategia descritta come un vero e proprio “risiko del pacchetto elettorale”, che secondo gli inquirenti mira anche a precostituire prove difensive per i candidati.
Una criminalità resiliente e riconosciuta nel tessuto sociale
Il magistrato Stefano Musolino ha sottolineato l’aspetto più preoccupante: la resilienza delle cosche, in particolare della cosca Alvaro, attiva anche in territori diversi da quelli storici. Nonostante arresti e condanne, i membri mantengono autorevolezza sociale, spesso riconosciuta anche da settori della comunità. La repressione giudiziaria da sola, secondo Musolino, non basta: è necessaria una risposta culturale, economica e sociale, con il coinvolgimento delle istituzioni e del tessuto civile.
Cold case e rivelazioni shock
Infine, l’operazione ha riaperto uno dei casi irrisolti più tragici della Calabria: il sequestro e l’omicidio di Mariangela Passiatore, avvenuto nel 1977 a Brancaleone. Uno degli indagati ha confessato il suo coinvolgimento. La donna, moglie di un imprenditore milanese, fu rapita durante una cena e uccisa a bastonate da un secondo gruppo di carcerieri. Il cadavere non fu mai ritrovato. L’operazione Millennium disegna il volto di una ‘ndrangheta moderna, capace di mimetizzarsi nei gangli dell’economia, della politica e della società. Una rete fluida, che mantiene rigide gerarchie interne ma adotta strategie sempre più sofisticate per controllare il territorio e proiettarsi su scala globale. Resta ora il compito, tanto alle istituzioni quanto alla cittadinanza, di impedire che quel potere continui a rigenerarsi nell’indifferenza.