Nella prima serata di ieri, un detenuto di alta sicurezza ha tentato il suicidio con un lenzuolo nell’ospedale di Reggio Calabria ma è stato salvato dagli agenti della polizia penitenziaria che, soli pochi giorni prima, hanno affrontato un caso analogo nel Vibonese.

Sulla vicenda si è espresso anche  Maurizio Policaro, segretario regionale del sindacato Osapp che ha dichiarato come nella circostanza “deve ancora una volta necessariamente evidenziarsi l'alta professionalità della Polizia penitenziaria che, nonostante le gravissime carenze degli organici, continua a mettere in campo professionalità e non solo per la salvaguardia della vita umana.”

Si registra, infatti, nelle carceri italiane, un numero sempre crescente di mors voluntaria, che le guardie carceriere cercano ogni giorno, con grande difficoltà, di sventare.

La vita nelle strutture di detenzione è sempre più complicata, figlia dei vizi strutturali e della farraginosità delle norme che mette gli agenti e i detenuti nella stessa condizione di difficoltà.

Gli agenti sono costretti a turni estenuanti a causa della scarsa disponibilità di personale e pagano le conseguenze dei rischi che, giorno dopo giorno, sono costretti ad affrontare, svolgendo anche mansioni che non sono di loro competenza, come denunciato spesso dall’Osapp.

Così come in grave difficoltà si trovano i detenuti, i quali si ritrovano ad affrontare apatiche quotidianità  con una serie di disagi che non assolvono del tutto alla funzione rieducativa di carcere, che trova il suo riconoscimento nel 3° comma dell'articolo 27 della Costituzione, il quale sancisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Infatti,  se è vero che ogni storia è a sé, frutto di personali considerazioni e dolori, la maggior parte delle persone che entrano in un istituto di pena hanno alle spalle situazioni di ampia complessità: marginalità sociale ed economica, disagi psichici e dipendenze caratterizzano gran parte della popolazione detenuta.

Tali motivi vogliono fungere da monito  per sottolineare i disagi che ogni giorno gli agenti si trovano a dover fronteggiare, soprattutto nelle carceri calabresi dove la criminalità è legata anche alla ‘Ndrangheta. Sempre più necessari, quindi, risultano essere concreti interventi, oggi indispensabili per garantire una copertura maggiore di agenti penitenziari, cosicché le loro condizioni lavorative possano migliorare e non creare danni a livelli psicologici. E’ chiaro, mai come adesso, che si vogliano accendere i riflettori su quella che non è una parentesi ma un vero e proprio caso nazionale di disagio, su realtà che non sono distanti dalla vita  quotidiana. Pertanto ci si augura che il Governo e la nuova compagine politica dia assoluta priorità al sistema penitenziario.

 

 

Di Anna Runca