Amendolara, ancora paura e distruzione: la famiglia colpita da una nuova bomba d’acqua
In contrada Colfari, una notte di terrore e disperazione. L’uomo che mesi fa era riuscito a salvarsi fuggendo col trattore ora non può rientrare in casa con la sua famiglia
Non è la prima volta che questa famiglia, la famiglia di Carmine Buglione, vive una notte simile. Già nei mesi scorsi, un’altra bomba d’acqua aveva devastato la stessa zona, come raccontato anche da Calabria News 24, lasciando dietro di sé distruzione, paura e silenzio istituzionale. Quello che si è ripetuto adesso non è un evento eccezionale, ma la conseguenza diretta di un problema irrisolto.
In contrada Colfari, ogni volta che piove la strada diventa un torrente. Gli abitanti, esasperati, denunciano da tempo l’inefficacia degli interventi effettuati e chiedono spiegazioni su lavori incompleti o mal progettati che, invece di mitigare il rischio, lo amplificano.
Il nodo irrisolto della statale 106
Il problema principale, come spiegano i residenti, riguarda un muro da cui fuoriesce acqua durante i temporali, un punto critico che raccoglie le acque provenienti sia dalle piogge che dalla statale 106, canalizzandole verso le abitazioni sottostanti. Ogni volta che il maltempo colpisce, quel muro diventa una sorgente di pericolo, riversando fiumi d’acqua e fango sulla strada e nelle proprietà private.
Le parole dell’uomo colpito riassumono tutta la frustrazione: «Stanno lavorando sulla strada, ma ogni volta che piove tutto si allaga. Da quel muro esce acqua senza sosta, insieme a quella che arriva dalla statale. È una situazione insostenibile, rischiamo la vita ogni volta che piove».
Un’emergenza che chiede responsabilità
Questa vicenda non può più essere archiviata come un fatto meteorologico. È una questione di responsabilità. Le piogge intense sono diventate più frequenti, ma la vulnerabilità del territorio calabrese è anche il risultato di una gestione superficiale delle opere idrauliche e stradali. Ogni volta che il maltempo colpisce, gli stessi nomi, gli stessi volti, le stesse case finiscono di nuovo nel fango, come se nulla fosse accaduto.
La famiglia di Amendolara non chiede assistenza straordinaria o solidarietà di facciata: chiede interventi strutturali, un piano serio che elimini le cause del rischio. Perché non si può più parlare di emergenza quando l’emergenza diventa la norma.
La Calabria fragile e dimenticata
L’episodio di Amendolara è l’emblema della fragilità del territorio calabrese, spesso lasciato solo di fronte agli eventi atmosferici estremi. Le bombe d’acqua diventano catastrofi non per la quantità di pioggia, ma per la mancanza di prevenzione e di manutenzione. I cantieri aperti e mai risolti, i lavori mal gestiti e l’assenza di controlli aggravano una situazione già precaria.
Nel silenzio delle istituzioni, la famiglia di contrada Colfari si trova ancora una volta a contare i danni, a rimuovere fango e detriti, a cercare un posto sicuro per far dormire la propria bambina. Una scena che si ripete e che, senza interventi concreti, rischia di ripetersi ancora.
Una richiesta di giustizia, non di pietà
Di fronte a tutto questo, le parole e le promesse non bastano più. È tempo che le istituzioni — locali, regionali e nazionali — si assumano le proprie responsabilità e intervengano con urgenza per mettere in sicurezza le zone più esposte. La Calabria non può continuare a essere teatro di disastri annunciati, dove la rassegnazione diventa normalità e la prevenzione un miraggio.
Amendolara è solo uno dei tanti nomi su una lunga lista di luoghi dimenticati. Ma dietro questo nome ci sono persone, famiglie, bambini che chiedono solo di poter vivere in pace, senza dover ogni volta fuggire da casa con l’acqua alle ginocchia.
Una famiglia, una casa, un muro che cede a ogni pioggia: la storia di Amendolara è la storia di una Calabria che non può più permettersi di aspettare