Cartolarizzazioni e Recupero crediti: il sistema opaco che schiaccia famiglie e imprese - Un'analisi alla luce dei nuovi criteri
Un’analisi approfondita del mercato Npl in Calabria mostra come i nuovi criteri europei sul recupero crediti possano trasformarsi da formalità burocratica a leva strategica di difesa per famiglie e imprese
Il fenomeno delle cartolarizzazioni di crediti deteriorati (Npl) è un meccanismo finanziario cruciale per la stabilità bancaria italiana, ma la sua manifestazione in contesti regionali vulnerabili come la Calabria rivela un sistema di recupero crediti che definire opaco e schiacciante è un eufemismo. L'analisi strategica di questa dinamica, basata sui nuovi criteri introdotti dalla Direttiva europea sui gestori e acquirenti di NPL (UE 2021/2167) e dalla normativa italiana di recepimento, dimostra che l'efficacia delle tutele dipende dalla capacità dei professionisti di sfruttare le nuove regole contro la vecchia logica.
Il nodo della svalutazione estrema e dell’incentivo speculativo
L'opacità principale risiede nella svalorizzazione estrema del credito al momento della cessione. I fondi acquirenti pagano il credito a valori nominali irrisori – spesso tra il 5% e il 20%. Questo divario crea un incentivo perverso: l'obiettivo non è il recupero equo, ma la massimizzazione del profitto sull'investimento minimo. La banca originaria, legata al territorio, aveva un interesse (seppur debole) al turnaround dell'impresa o della famiglia; il fondo speculativo no. Il fondo è orientato esclusivamente alla massimizzazione della recovery rate e, di conseguenza, favorisce l'azione esecutiva immediata – pignoramenti e vendite immobiliari – come la via più rapida per monetizzare. Questo comportamento bypassa la flessibilità e l'attenzione sociale, schiacciando famiglie e Pmi sotto il peso di un debito che, per l'acquirente, è già stato coperto da un profitto potenziale enorme.
I nuovi obblighi dei servicer e il rischio della “catena lunga”
La normativa recente tenta di arginare questa aggressione imponendo requisiti stringenti ai gestori (servicer). I nuovi criteri richiedono che il gestore operi in modo equo, diligente e trasparente, e soprattutto, che applichi "misure di tolleranza ragionevoli" prima di avviare l'esecuzione forzata. Queste misure includono la rinegoziazione, la modifica delle condizioni contrattuali o la concessione di periodi di grazia. Strategicamente, è qui che si annida il rischio: la catena di gestione del credito è spesso lunga – il fondo delega il servicer, che subappalta l'azione legale. Più la catena si allunga, meno diretto è il controllo sull'applicazione della diligenza e delle misure di tolleranza, e maggiore è la pressione sul gestore finale per ottenere risultati rapidi. Il timore è che gli obblighi di condotta rimangano una formalità burocratica, sormontata dalla spinta al massimo profitto.
Le contromosse possibili grazie ai nuovi criteri europei
Esistono consulenti estremamente professionali che sanno distinguersi, attuando le contromosse "offensive" e sfruttando proprio le nuove norme. La difesa più solida per il debitore risiede nell'utilizzare l'obbligo di trasparenza e diligenza imposto ai servicer come un diritto negoziale. Se un debitore, soprattutto una PMI, propone un piano di saldo e stralcio realisticamente sostenibile, pur non raggiungendo il valore nominale (ad esempio, offrendo il 30%, ben al di sopra del costo di acquisto del fondo), il servicer che rifiuta senza una valida controproposta e avvia l'esecuzione può essere contestato in sede legale. Si utilizza l'Art. 15-ter del T.U.B. e i principi della Direttiva Npl per contestare la mancanza di una "misura di tolleranza ragionevole", spostando l'onere della prova sul gestore, che deve dimostrare di aver agito con equità e diligenza, e non solo in base al massimo guadagno.
Riequilibrare un sistema sbilanciato
In sintesi, mentre il meccanismo delle cartolarizzazioni in sé non è l'antagonista, l'opacità e l'aggressività con cui viene applicato in regioni fragili è sistemica. I nuovi criteri di recupero crediti offrono una potente leva per bilanciare la forza contrattuale. La sfida strategica per il professionista è trasformare questi obblighi formali di compliance in uno strumento attivo di protezione e rinegoziazione per le famiglie e le imprese, bloccando l'azione esecutiva quando essa è solo il frutto di un'avidità ingiustificata e non della mancanza di tentativi di rientro da parte del debitore. La vittoria si ottiene ripristinando il principio di sostenibilità finanziaria, anche di fronte a un acquirente che ha già capitalizzato enormemente sul fallimento altrui.