Calabria, allarme demografico e lavoro precario: il Rendiconto Inps racconta una regione che perde giovani e futuro
Popolazione in calo, migrazioni in aumento, Neet al 26,2%: la Calabria resta ultima in Italia per occupazione giovanile

La Calabria continua a fare i conti con una lenta ma costante perdita di popolazione. Secondo il Rendiconto sociale regionale 2024 dell’Inps, presentato a Catanzaro, al 31 dicembre 2024 i residenti erano 1.838.568, con un calo di 6.421 persone rispetto all’anno precedente. Si tratta di un dato che conferma un trend negativo che prosegue da anni.
Il saldo naturale resta pesantemente in rosso: nel 2023 si sono registrati 8.485 decessi in più rispetto alle nascite. La Calabria, inoltre, è una regione che invecchia: gli over 65 rappresentano il 24% della popolazione, mentre i giovani sotto i 15 anni sono solo il 12,7%.
A peggiorare il quadro contribuisce lo squilibrio delle migrazioni. Nel 2023 sono stati 4.342 i calabresi emigrati all'estero, mentre solo 3.705 sono gli stranieri arrivati nella regione. Ancora più significativo il saldo delle migrazioni interne: 16.126 persone hanno lasciato la Calabria per altre regioni italiane, a fronte di 8.043 rientri. In termini concreti, per ogni nuovo residente che arriva, quasi due se ne vanno.
Giovani e lavoro: Neet ai massimi d’Italia
Il rapporto Inps analizza anche la difficile situazione occupazionale. Nel 2024 il tasso di occupazione in Calabria (15-64 anni) è salito al 44,8%, un miglioramento minimo che non basta a colmare il divario con il resto del Paese. La disoccupazione scende di circa 3 punti percentuali, ma cresce il tasso di inattività (+1,6%), indice di una larga fetta di popolazione che ha rinunciato a cercare lavoro.
Particolarmente allarmante la condizione dei giovani. Il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 29 anni è al 31,4%, ma la Calabria conquista un primato negativo nazionale: i Neet (giovani che non studiano e non lavorano) sono il 26,2%, la percentuale più alta d’Italia.
Precarietà in aumento e stipendi tra i più bassi d’Italia
Il saldo occupazionale nel settore privato è positivo: 161.640 assunzioni contro 156.226 cessazioni. Ma si tratta di un dato solo apparentemente incoraggiante. Cala infatti il numero dei contratti a tempo indeterminato, che passano da 28.999 a 27.748, mentre aumentano quelli a tempo determinato, saliti da 82.678 a 87.032.
In forte crescita anche il lavoro part-time, che coinvolge il 44,2% dei dipendenti calabresi, a fronte di una media nazionale del 27,5%. Una precarietà strutturale che incide anche sui redditi: la retribuzione media giornaliera è di 77,9 euro per gli uomini e 58 euro per le donne, contro una media nazionale di 107,5 e 79,8 euro rispettivamente.
Imprese in difficoltà: cala il numero delle attività registrate
Il tessuto produttivo calabrese resta frammentato e fragile. Le imprese registrate nel 2024 sono 147.270, in calo rispetto all’anno precedente. A diminuire sono soprattutto le microimprese, ossatura storica dell’economia regionale, mentre si registra un lieve incremento del numero di piccole e medie imprese.
Il settore con più addetti resta il commercio, che occupa oltre 49 mila lavoratori, seguito da agricoltura, costruzioni e servizi di alloggio e ristorazione.
Una sfida socioeconomica che non può più aspettare
Il Rendiconto Inps 2024 conferma un quadro chiaro: la Calabria è una regione che perde popolazione, soprattutto giovani, e che non riesce ancora a garantire uno sviluppo economico stabile e inclusivo. Il lavoro c’è, ma è spesso precario, mal pagato e frammentato. Senza politiche concrete per arginare l’emigrazione e creare condizioni dignitose di occupazione, il rischio è l’irreversibile declino demografico e produttivo.
Una sfida che riguarda non solo la politica regionale ma l’intero Paese, perché senza il Mezzogiorno – e senza la Calabria – l’Italia non cresce.