L’Italia vive in mezzo ai segni. Segni profondi, tracciati da crisi economiche che non si risolvono ma si trasformano, oscillando tra purgatori e inferni, tra risalite temporanee e nuove ricadute. È una crisi che non si limita a erodere la fiducia nel futuro, ma scava nel tessuto stesso del Paese, rendendolo più fragile, più vulnerabile. A pagarne il prezzo più alto, ancora una volta, sono le regioni del Sud. E in particolare la Calabria.

Estate 2025: il gelo dopo la primavera

I dati più recenti confermano un trend che va ormai consolidandosi da tempo. L’Istat ha stimato per la Calabriaun’inflazione media annua del +2,1%, superiore alla media nazionale del +1,6%. Lo stesso valore, per inciso, è stato attribuito anche alla Puglia, a testimonianza di un Mezzogiorno che fatica a tenere il passo, colpito in pieno da una crisi del costo della vita che si è aggravata nei mesi estivi.

La tanto attesa ripresa post-pandemica ha mostrato i suoi limiti. Le buone intenzioni di primavera — con le speranze legate al rilancio turistico e agli incentivi europei — sono state cancellate da un’estate nera, in cui rincari e incertezze hanno ridisegnato le traiettorie del quotidiano.

Le radici di una fragilità

La combinazione di politiche di sanzioni e dazi internazionali, l’instabilità geopolitica e le tensioni sui mercati globali stanno colpendo duramente l’economia italiana. Ma se il Paese nel suo complesso mostra segnali di affanno, la Calabria si ritrova in un contesto ancora più svantaggiato, strutturalmente più debole e cronicamente periferico rispetto alle dinamiche economiche del resto d’Europa.

La Calabria, “eterna periferia d’Europa”, come spesso viene definita, assiste ancora una volta all'ampliarsi del divario rispetto al Nord, vedendo crescere la distanza in termini di servizi, salari, infrastrutture e opportunità.

Un’emergenza sociale, non solo economica

Dietro il dato dell’inflazione si nasconde un’emergenza sociale che tocca fasce sempre più ampie della popolazione. L’aumento dei prezzi colpisce soprattutto i beni essenziali: alimentari, carburanti, affitti. Per le famiglie calabresi, già alle prese con salari bassi e precarietà occupazionale, la situazione si fa insostenibile.

La sfida che si apre non è soltanto quella di gestire l’attualità, ma di ripensare il modello di sviluppo, agendo sulle radici profonde delle disuguaglianze e promuovendo politiche mirate per il Sud. In gioco non c’è solo la tenuta economica, ma la coesione sociale e la dignità delle comunità.