La Calabria terra di poker? Il talento c’è, ma il bluff è sulla realtà sociale
Milioni vinti ai tavoli internazionali, ma la regione resta al tappeto su lavoro, istruzione e sviluppo

La Calabria compare al quarto posto in Italia per vincite nel poker live internazionale, con 5,79 milioni di dollari totalizzati nei tornei globali. Una cifra imponente, secondo uno studio di Casinos.com sui dati ufficiali di The Hendon Mob. Protagonisti assoluti sono Salvatore Bonavena, primo italiano a vincere un European Poker Tour nel 2008, e Raffaele Sorrentino, trionfatore nel 2017 a Monte Carlo. Due nomi che hanno fatto la storia del poker italiano, due volti che sembrano confermare una narrazione: la Calabria è terra di talento e audacia.
Ma mentre le luci dei casinò internazionali illuminano i successi individuali, il contesto da cui questi talenti provengono resta avvolto nel buio di problemi strutturali. Dietro i milioni guadagnati al tavolo verde, infatti, c’è una terra che continua a perdere le sue scommesse più importanti: scuola, sanità, infrastrutture, lavoro.
Un paradosso che non fa sorridere
Nel raccontare questi exploit, si rischia di dimenticare che il poker è anche simbolo di un’Italia che scommette su sé stessa, spesso come ultima alternativa a un futuro incerto. Non è un caso che molte delle regioni più vincenti – Calabria compresa – coincidano con le aree a maggiore disoccupazione giovanile, emigrazione forzata e abbandono scolastico. I riflettori accesi su Bonavena e Sorrentino non bastano a nascondere un paradosso amaro: il talento qui deve andarsene o giocarsela al massimo, anche a costo di rischiare tutto.
Mentre in Campania Dario Sammartino trascina la regione a 21 milioni di dollari vinti, e in Piemonte Mustapha Kanit firma 20 milioni, il Sud resta drammaticamente privo di reali politiche giovanili. Celebrare i pokeristi calabresi come “orgoglio regionale” rischia di essere solo un abile gioco di prestigio, una distrazione pubblica dai reali problemi del territorio.
Tra illusioni e necessità di un’altra sfida
Il poker, per chi ha talento, può diventare una via di fuga. Ma non può e non deve diventare un modello aspirazionale per intere generazioni. Parlare di “Calabria vincente” per due tornei di rilievo, mentre il territorio lotta per avere ambulanze operative e strade percorribili, è quasi offensivo per chi resta a combattere ogni giorno senza una mano fortunata.
Le vittorie di Bonavena e Sorrentino non sono in discussione: sono meritate e frutto di sacrificio, strategia, studio. Ma il contesto che li celebra dovrebbe porsi una domanda più onesta: perché in Calabria il successo sembra sempre una scommessa individuale e mai un progetto collettivo?