L'assistenzialismo, la scorciatoia che diventa la strada verso il baratro dei calabresi
Quando l’assistenzialismo incontra la fragilità calabrese, perché il paragone con il bonus Zaia non regge

Se nell'antica Roma il luogo di confronto si incarnava nei Fori Romani, ecco che nel secolo dell' AI e dell'hi-tech i social si trasformano in una vera e propria Rostra da arringhe pubbliche. Una domenica d' attrito - infatti - quella tra Roberto Occhiuto e Pasquale Tridico, che tra una provocazione e l'altra confermano sempre di più una guerra accesa per strappare la guida politica di quella punta dello stivale che continua ad arrancare, zoppicante e lenta. Nel mirino della diatriba il famoso 'reddito di cittadinanza', il cavallo di battaglia di Tridico, che - ancora una volta - rilancia l'esca dell'assistenzialismo, una ricetta che ha trovato i suoi ingredienti nel soldo pubblico, senza promuovere e proporre nuove forme di lavoro. Il reddito di cittadinanza aveva già "batostato" la Calabria, soprattutto dopo il buio della pandemia, momento in cui il sussidio ha avuto il suo picco massimo, trovando terreno fertile tra le famiglie che vertevano già in una fragilità economica non indifferente.
La Calabria ed il record di percettori del Reddito di cittadinanza
La Regione, infatti, fu una delle aree del Paese con il più alto numero di beneficiari in rapporto alla popolazione, con oltre 90 mila famiglie, pari a circa 230 mila persone. Nel 2021 la regione ha registrato il record nazionale. Quasi il 15% delle famiglie calabresi percepiva la misura, a fronte di una media nazionale sensibilmente più bassa. Alla fine del 2023, poco prima della sostituzione con le nuove misure (ossia Assegno di inclusione e Supporto per la formazione e il lavoro), risultavano ancora attivi 12.132 nuclei monocomponenti in Calabria, pari al 31% dei beneficiari regionali. Sommato a questo dato, eccone uno ancora più raccapricciante. La Calabria registra l’ISEE medio più basso d’Italia, stimato intorno ai 10.500 euro, ben al di sotto della media nazionale che supera i 14 mila euro. Ed è proprio sulla base di quest'ultimo elemento che il reddito di cittadinanza divenne uno strumento pericoloso, che - anzichè aiutare - affonda ancora di più una Regione che conta il più alto numero di disoccupati, incrementando - tra l'altro - due fenomeni non indifferenti: da un lato favorendo il fenomeno del famoso "lavoro in nero", dall'altro l'aumento di NEET. Il modello - inoltre - prevedeva il ruolo centrale dei Centri per l’impiego, di cui la rete calabrese era carente di personale e strumenti. I navigator assunti temporaneamente non hanno avuto mezzi concreti per collocare i disoccupati e la quota di beneficiari effettivamente avviati a un lavoro tramite il RdC è rimasta bassissima (meno del 10%). Dal punto di vista regionale, non è possibile rilanciare il modello del Reddito di cittadinanza, ma Tridico trova un altro modo per promuovere una misura simile, con la promozione del Reddito di inclusione, facendo riferimento al modello Puglia e - in particolar modo - al "bonus Zaia", che attinge al Bonus Politiche Attive erogato non come misura assistenziale pura, ma come indennità di partecipazione a corsi di formazione e percorsi di reinserimento lavorativo. Il finanziamento proviene dal Fondo Sociale Europeo Plus con una dotazione alle Regioni di circa 70 milioni di euro.
Il “bonus Zaia”
E' necessario sottolineare che il "bonus Zaia" è stato introdotto dal primo cittadino veneto Luca Zaia in una delle regioni - Il Veneto - che si colloca tra le più produttive del Paese, con un PIL pro capite superiore ai 35 mila euro e un tasso di disoccupazione che oscilla tra il 4 e il 5%, ben al di sotto della media nazionale. La struttura economica è fondata su un tessuto di piccole e medie imprese manifatturiere, agroalimentari e turistiche altamente competitive sui mercati internazionali. In questo contesto, il “bonus Zaia” non è pensato come strumento assistenziale, ma come incentivo alla formazione e al reinserimento rapido nel lavoro, sostenuto dai fondi europei del FSE+. Benchè non attinga alle tasche statali, e andrebbe comunque ad incrementare l'utilizzo del fondi europei, il reddito di inclusione andrebbe a consolidare logiche assistenziali in un tessuto economico incapace di assorbire forza lavoro. In un Paese in cui i giovani fuggono, dove l'ambizione ha messo il chiodo e le piccole e medie imprese arrancano ad arrivare a fine mese, strozzando i dipendenti, vittime ancor più vittime di un sistema economico troppo compromesso, l'assistenzialismo non è l'assoluzione ma la condanna del calabrese che, ancora una volta, rischia di cadere nell'illusione di imboccare la scorciatoia, non rendendosi conto che è quella la via più facile per scivolare nel precipizio.