Il nuovo Rapporto Meridiano Sanità, presentato a Roma, offre l’ennesima conferma di una realtà che da anni pesa sulla coesione del Paese: in Italia esistono profonde differenze territoriali nelle condizioni di salute della popolazione. Il Meridiano Sanità Regional Index, l’indice utilizzato per analizzare la qualità complessiva della salute nelle Regioni, tiene conto di indicatori fondamentali come aspettativa di vita, presenza di malattie croniche, mortalità infantile, qualità dell’assistenza e prevenzione.

Il risultato è netto: in testa alla classifica c’è la Provincia autonoma di Trento, con un punteggio di 9,4 su 10, mentre la Sicilia chiude la graduatoria con appena 2,7 punti.

La Calabria: un allarme sanitario che non può più essere ignorato

Ancora una volta, la Calabria si posiziona nelle ultime posizioni della graduatoria nazionale, con un indice pari a 3,2, risultando terzultima in Italia, peggio solo di Campania e Sicilia. Un dato che conferma lo stato di criticità cronica della sanità calabrese, segnata da carenza di servizi territoriali, difficoltà nell’accesso alle cure, liste d’attesa lunghissime e un forte ricorso alla mobilità sanitaria verso Nord.

Il punteggio calabrese è distante anni luce dalle Regioni più performanti: il divario con Trento è di oltre sei punti, mentre anche rispetto alla media nazionale la Calabria continua a restare indietro. Si tratta di una conferma delle fragilità strutturali del sistema sanitario regionale, ancora commissariato e incapace oggi di garantire livelli essenziali di assistenza pari a quelli del resto del Paese.

Il confronto con le altre Regioni

Dopo Trento, ai vertici della classifica troviamo Veneto (7,3), Bolzano (7,2), Toscana (7) e Lombardia (6,6). Tutte realtà del Nord caratterizzate da un’organizzazione sanitaria efficiente, forte capacità di investimento e servizi diffusi sul territorio.

Sotto la media italiana iniziano invece le regioni del Centro-Sud: Abruzzo (5,2), Lazio (5,1), Puglia (4,7). Ancora più indietro le altre regioni meridionali: Basilicata (3,9), Sardegna (3,7), Molise (3,5), Campania (3,3), Calabria (3,2) e Sicilia (2,7).

Il gradiente Nord-Sud resta dunque fortissimo e sembra consolidarsi, secondo quanto rilevato anche dagli indicatori sulla qualità dell'assistenza ospedaliera e territoriale.

Differenze anche nell’aspettativa di vita

Tra i dati più significativi emerge la differenza nell’aspettativa di vita: un cittadino trentino vive in media 84,7 anni, mentre in Campania l’aspettativa scende a 81,7 anni, quasi tre anni in meno. La Calabria, pur non riportando il dato specifico nel rapporto, si colloca nelle fasce più basse di salute attesa alla nascita, con condizioni strettamente legate alla presenza di malattie croniche e alla minore efficacia della prevenzione.

La sanità calabrese deve ripartire dai diritti

I risultati del rapporto rappresentano un campanello d’allarme per la Calabria, dove la salute continua a essere un diritto garantito a macchia di leopardo. Il basso indice regionale non è solo un numero, ma la fotografia di un sistema che penalizza i cittadini e non riesce ancora a rispondere ai bisogni reali.

Il ritardo nel potenziamento degli ospedali, la carenza di personale medico e infermieristico, l’assenza di medicina territoriale e preventiva, insieme al crescente fenomeno della migrazione sanitaria, confermano l’urgenza di una riforma strutturale. Senza investimenti seri e una gestione efficiente, rischia di allargarsi ancora di più il solco tra il Nord e il Sud del Paese.

In Calabria la questione sanitaria non è più solo emergenza: è ormai una priorità nazionale che non può più essere rinviata.