L'arcivescovo di Cosenza "Padre Fedele dirà Messa"
Dopo anni di silenzio e battaglie, il frate cosentino riceve il sostegno della Curia

«Appena ne avrà le forze, padre Fedele potrà tornare a celebrare messa in pubblico: avrà il mio permesso». Con queste parole, riportate in un articolo a firma di Andrea Gualtieri su la Repubblica, il vescovo di Cosenza, monsignor Giovanni Checchinato, ha dato voce a una speranza collettiva che da anni anima la comunità bruzia. Padre Fedele Bisceglia, frate noto in tutta Italia per le sue battaglie sociali e per il suo tifo viscerale per il Cosenza, oggi a 87 anni è gravemente malato. Dopo essere stato assolto dalle accuse di violenza sessuale, è rimasto prete ma privo di incarico ufficiale: l’impossibilità di incardinarsi in diocesi lo ha tenuto lontano dal ministero pubblico. Ora, però, la Chiesa cosentina sembra pronta a riaprirgli le porte.
Un frate tra gli stadi, i poveri e le ferite della giustizia
Figura carismatica e divisiva, padre Fedele ha lasciato un segno profondo nella memoria collettiva calabrese. Fondatore dell’Oasi francescana, punto di riferimento per i senzatetto cosentini, ha vissuto per anni tra gli ultimi, con l’aiuto degli ultrà del Cosenza, al grido di “Tifo sì, violenza no”. Anche dopo la tempesta giudiziaria che lo ha travolto e da cui è uscito assolto, non si è mai fermato: ha fondato il “Paradiso dei poveri”, ha continuato a viaggiare per portare aiuti in Africa, e ha sognato a lungo di tornare a celebrare pubblicamente l’Eucarestia. A fermarlo, paradossalmente, non è stata la giustizia italiana ma una questione formale interna alla Chiesa: la sua uscita dall’Ordine dei Cappuccini senza un incardinamento in diocesi.
La svolta in ospedale e l’impegno del vescovo
Negli ultimi giorni, con le condizioni di salute sempre più critiche, attorno a padre Fedele si è raccolta un’intera provincia. Raccolte firme, petizioni popolari, lettere alla curia e perfino sollecitazioni al Vaticano: l’eco del suo desiderio ha smosso coscienze e istituzioni. Secondo quanto racconta Repubblica, il nodo burocratico si è arenato in Vaticano, nonostante già sotto il pontificato di Benedetto XVI fosse stato autorizzato a celebrare in forma privata. Ora però il vescovo Checchinato, che ha incontrato il frate in ospedale e ha pregato con lui, si è detto pronto a firmare il permesso per la celebrazione pubblica. «Mi piacerebbe dire messa insieme a lui», ha detto, lasciando intravedere la fine di un lungo esilio spirituale per un uomo che – tra stadio e altare – ha saputo incarnare un modo popolare e radicale di essere Chiesa.