Ospedale generico

In Italia si continua a morire meno di tumore. Negli ultimi dieci anni i decessi oncologici sono diminuiti complessivamente del 9%, con risultati particolarmente significativi per neoplasie considerate storicamente tra le più letali, come il tumore al polmone, in calo del 24% dal 2014 al 2024, e quello del colon-retto, diminuito del 13%. Le nuove diagnosi stimate per il 2025 restano sostanzialmente stabili rispetto al 2024, attestandosi intorno alle 390mila, mentre la sopravvivenza a cinque anni migliora nei tumori più frequenti, dal seno al colon-retto fino al polmone. Dati che collocano l’Italia al di sopra della media europea, come confermato anche dalle più recenti rilevazioni della Commissione Ue.

Il quadro emerge dal rapporto “I numeri del cancro in Italia 2025”, frutto del lavoro congiunto di Aiom, AIRTum, Fondazione Aiom e altri enti di ricerca e monitoraggio sanitario. Per la prima volta in Europa si registra anche una riduzione complessiva dei casi, con un calo dell’1,7%, che in Italia arriva al 2,6%, trainato soprattutto dalla diminuzione delle diagnosi di tumore al polmone negli uomini.

Screening in crescita, anche nel Mezzogiorno

Accanto ai dati incoraggianti su mortalità e sopravvivenza, il rapporto segnala un aumento significativo dell’adesione ai programmi di screening tra il 2020 e il 2024. A livello nazionale cresce la copertura per la mammografia, per il test del sangue occulto nelle feci e per lo screening cervicale. Un segnale importante arriva anche dal Sud, dove le adesioni sono triplicate nello stesso periodo. Nel Meridione, la mammografia è passata da livelli molto bassi a una copertura più consistente, così come sono aumentate le adesioni agli screening per il tumore del colon-retto e della cervice uterina.

Questo recupero rappresenta un passo avanti rilevante, soprattutto in territori storicamente penalizzati da ritardi organizzativi e da una minore diffusione della cultura della prevenzione. Tuttavia, l’aumento degli screening non è ancora sufficiente a colmare le distanze con il Centro-Nord, e proprio qui si innestano le criticità più evidenti.

La Calabria e la fuga sanitaria per il tumore al seno

Il dato più allarmante del rapporto riguarda la mobilità sanitaria dal Sud, in particolare per gli interventi chirurgici legati al tumore al seno. A livello nazionale, circa l’8% delle pazienti si opera fuori dalla propria regione di residenza, ma questa percentuale sale al 15% nel Mezzogiorno. In Calabria la situazione è ancora più grave: quasi un intervento su due viene effettuato fuori regione, un valore che colloca la regione ai vertici negativi insieme a Basilicata e Molise.

Nel solo 2023, su oltre 66mila interventi per carcinoma mammario effettuati in Italia, più di cinquemila hanno riguardato pazienti costrette a spostarsi. Gli indici di fuga nel Sud risultano tre volte superiori rispetto al Centro-Nord, segno di una fiducia ancora fragile nei servizi sanitari locali e di un’offerta che non riesce a trattenere le pazienti sul territorio.

Un legame stretto tra screening e mobilità

Secondo l’analisi di Aiom, le regioni che registrano i più alti livelli di mobilità passiva sono anche quelle con le coperture di screening più basse. La Calabria rientra pienamente in questo quadro. Dove la diagnosi precoce è meno diffusa e l’organizzazione dei percorsi oncologici appare più debole, aumenta la tendenza a cercare cure altrove. Un circolo vizioso che impoverisce ulteriormente il sistema sanitario regionale e incide pesantemente sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Stili di vita e disuguaglianze restano una sfida aperta

Il rapporto richiama anche l’attenzione sugli stili di vita, che continuano a rappresentare un fattore di rischio importante. In Italia una quota significativa della popolazione fuma, è in sovrappeso o obesa, consuma alcol e conduce una vita sedentaria. A queste criticità si sommano le disuguaglianze sociali nell’accesso alla prevenzione e alla diagnosi precoce, particolarmente marcate nelle regioni del Sud.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci sottolinea come l’epidemiologia dei tumori stia cambiando e come la prevenzione debba diventare la leva strategica su cui investire. In questa prospettiva si colloca il Piano oncologico nazionale 2023-2027, pensato per ridurre i divari territoriali e rafforzare i servizi di diagnosi e cura.

Il nodo calabrese tra progressi e ritardi

I numeri raccontano dunque una storia in chiaroscuro. L’Italia avanza sul fronte della riduzione della mortalità oncologica e migliora la sopravvivenza, ma la Calabria resta uno dei territori più fragili, soprattutto per la capacità di trattenere i pazienti e garantire percorsi di cura completi e affidabili. Il rafforzamento degli screening è un segnale positivo, ma non basta. Senza investimenti strutturali, organizzativi e professionali, il rischio è che la mobilità sanitaria continui a rappresentare, per migliaia di calabresi, l’unica risposta possibile a una diagnosi di cancro.