Coprifuoco alle 22 e didattica a distanza per le scuole secondarie di secondo grado.

Sono queste le misure auspicate che alimentano il dibattito all’interno del governo per scongiurare il rischio che si paventa in queste ore ovvero quello di un lockdown generalizzato.

Con un tweet di poche battute il Premier Conte ha lanciato un nuovo appello agli italiani: «Rispettiamo le nuove disposizioni, seguiamo le raccomandazioni, facciamo del bene al nostro Paese...».

Parole da cui traspare forte preoccupazione per una nuova risalita della curva dei contagi e l’idea che i provvedimenti appena adottati non bastino a scongiurare il peggio.

Che in parole povere si esplica in una nuova chiusura generalizzata.

Nelle conversazioni riservate a latere del Consiglio europeo il capo dell’esecutivo non ha fatto che ripeterlo: «Chiudere tutto sarebbe troppo dannoso, proprio adesso che l’economia mostra segni di ripresa». 

Conte è completamente «contrario» e non vuole sentire parlare neanche di un «reset» di 14 giorni utile, secondo alcuni, a dare respiro al Sistema Sanitario Nazionale: «Una cosa che non esiste. Dobbiamo aspettare due o tre settimane per capire gli effetti delle misure attuali, dalla mascherina all’aperto al limite di sei ospiti a casa».

Ragionando con scienziati, collaboratori e ministri, il Premier si è però convinto a valutare altre regole restrittive, sulla falsariga delle norme adottate in Francia.

«Il coprifuoco è una cosa molto probabile», ammettono a Palazzo Chigi, dove stanno arrivando molte pressioni per fermare con forza il fenomeno sempre più crescente della cosiddetta «movida».

Da qui a domani, quando si riunirà il Consiglio dei ministri, un nuovo provvedimento potrebbe imporre a bar, ristoranti e altri pubblici esercizi di abbassare le saracinesche alle 21 o alle 22, con controlli rafforzati e multe per chi non rispetta le regole.

Per quanto concerne la necessità di estendere lo smart working come chiede la ministra dell’Istruzione sono tutti d’accordo mentre lo scontro tra governo e Regioni e anche dentro l’esecutivo sposta la contesa sulla didattica a distanza per i licei.

La proposta dei governatori ha fatto arrabbiare non poco Lucia Azzolina secondo cui: «non è all’ordine del giorno».

La ministra, sorpresa dalla posizione assunta delle stesse Regioni che a giugno non volevano inserire la didattica a distanza nelle linee guida, non ci sta a disperdere «i grandi investimenti e sacrifici fatti per la scuola». Azzolina lo ha detto ieri mattina a Conte, che ha visto faccia a faccia a Palazzo Chigi. Ma i Presidenti delle Regioni, ancor più dopo che De Luca ha chiuso le scuole in Campania, insistono. Il Partito Democratico ha proposto di arrivare al 50% di didattica digitale alle superiori, alternando il lavoro a casa e a scuola.

Il ministro Roberto Speranza ha visto nei grafici la curva del virus impennarsi e si è convinto che «la situazione è seria, serve la massima attenzione e nessuna sottovalutazione». A Milano l’indice di contagio Rt è schizzato sopra 2.

In Campania il Covid ha fatto registrare più di mille contagi in 24 ore ed è scattata la chiusura delle scuole. Una scelta che ha fatto deflagrare le tensioni nella maggioranza. Per la ministra Azzolina è una «decisione gravissima», mentre il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si è schierato con il presidente Vincenzo De Luca.

Al netto delle polemiche, c’è la realtà, impietosa, dei numeri. De Luca è fortemente preoccupato per la densità abitativa di città come Napoli e quando Speranza lo ha chiamato si è riscontrato parere unanime sulla necessità di «irrigidire le regole».

 

Di Cristiano Santucci