Il viale Città di Cutro
Il viale Città di Cutro

“Cambiate nome a viale Città di Cutro, rievoca la 'ndrangheta”. Con queste parole, pronunciate dal palco del Comune di Rubiera in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria, l’ex prefetta di Reggio Emilia Antonella De Miro ha acceso una vivace polemica. Un invito, quello rivolto alla città emiliana, che ha scatenato una tempesta di reazioni, in particolare da parte della numerosa comunità calabrese residente nel territorio.

L’intervento della prefetta e la miccia accesa

De Miro, in pensione dal 2021, è stata a capo della Prefettura di Reggio Emilia tra il 2009 e il 2014, anni in cui firmò centinaia di interdittive antimafia che contribuirono a smantellare la rete di infiltrazioni criminali poi confluite nel maxi processo Aemilia. Tornata in Emilia per ricevere un riconoscimento, ha colto l’occasione per lanciare la sua proposta: “Mi turba vedere questa strada intitolata a Cutro – ha detto – vorrei che la prossima volta fossi accolta da ‘Via Reggio Emilia, città libera da tutte le mafie’”.

La reazione della comunità cutrese

L’uscita dell’ex prefetta ha ferito molti cittadini. La comunità cutrese di Reggio Emilia, che conta circa 5.000 residenti tra prime, seconde e terze generazioni, è insorta. “Quella strada è intitolata a cittadini onesti – sostengono – la maggior parte dei cutresi sono persone perbene che hanno lavorato duramente in questa terra. Cutro non significa mafia”.

Viale Città di Cutro è una strada strategica, che collega il centro cittadino con la tangenziale Nord e il casello autostradale nella zona dei ponti di Calatrava. L’inaugurazione risale al luglio 2018, alla presenza degli allora sindaci di Reggio Emilia e Cutro, rispettivamente Graziano Delrio (oggi senatore Pd) e Salvatore Migale.

L’Amministrazione apre alla valutazione, ma Ciconte replica

L’attuale Amministrazione comunale non ha escluso un approfondimento. “Abbiamo chiesto un parere alla Consulta per la legalità, valuteremo”, ha fatto sapere il Comune.

Ma c’è chi, come lo scrittore antimafia ed ex parlamentare Enzo Ciconte, originario della Calabria, reagisce con una provocazione: “Allora dovremmo cambiare il nome alla città di Reggio Emilia, dove è nato Paolo Bellini, condannato all’ergastolo per la strage di Bologna e in rapporti con la 'Ndrangheta. Oppure a Palermo, Catania, Reggio Calabria o Napoli, città segnate dalle guerre di mafia. Ma non si possono addebitare le azioni criminali a intere comunità e alle loro storie millenarie”.

Una toponomastica che divide

Il caso ha rimesso al centro il dibattito su come la memoria, l’identità e la lotta alla criminalità organizzata si riflettano anche nella toponomastica urbana. Per ora, Viale Città di Cutro resta lì, ma la polemica è tutt’altro che chiusa.