Comune di Cosenza

C’era una volta, nel 2009, un Comune pieno di buone intenzioni. La giunta Perugini decide che servono nuovi dirigenti: sette tecnici e quattro amministrativi. E allora che si fa? Un bel concorso pubblico! Tutto molto bello, se non fosse che qualcuno, in mezzo a tanto entusiasmo, si dimentica un piccolo dettaglio: la legge.
Già, perché nei bandi non compare l’esperienza quinquennale nella pubblica amministrazione, requisito fondamentale per accedere alla dirigenza. A notarlo non è un oracolo, ma il consigliere d’opposizione Falvo, che punta il dito contro quella che sembra una selezione un tantino… creativa. Il rischio? Fare entrare dalla finestra chi non potrebbe nemmeno bussare alla porta.


Pelle e carta: arriva l’annullamento

Non passano molte settimane che la dirigente al personale, Annarita Pellicori, prende carta, penna e determina, e con l’atto n. 1425 del 29 luglio 2009 annulla tutto.
I bandi vengono congelati e poi buttati nel cestino, per “imprecisioni” varie. Insomma, per evitare pasticci legali, si decide di azzerare tutto in nome del pubblico interesse.
E così, con un colpo di spugna, il Comune saluta i concorsi come si saluta un treno che non si fermerà mai.


2010: ritorno al futuro (ma con revoche)

Gennaio 2010: nuova puntata. I concorsi tornano, in fotocopia, con gli stessi 11 posti vacanti. La Pellicori ci riprova.
Ma questa volta la storia prende una svolta. A luglio 2011, con Occhiuto sindaco, si revoca tutto. Perché? Mancata mobilità.
Una parola che a Cosenza sembra avere lo stesso effetto della kryptonite: paralisi amministrativa.
Il concorso doveva essere preceduto da mobilità volontaria, come previsto dalla legge dal 2005, ma qualcuno se ne dimentica.
E così, il Comune vira su assunzioni dirette a tempo determinato. Qualcuno non ci sta, e si finisce in tribunale.


Il TAR: prima respinge, poi arriva il ribaltone

Il TAR, nel 2012, prende tempo due minuti e respinge i ricorsi: per lui tutto regolare, amici come prima.
Ma non finisce qui. I concorrenti si appellano al Consiglio di Stato, che nel 2018 cambia idea e ribalta tutto: sì, la mobilità andava fatta, e no, non è stata fatta.
Peccato che nella sentenza si dica anche che la norma sulla mobilità sarebbe entrata in vigore dopo i bandi del 2009… ignorando che invece era già valida dal 2005. Ma sì, i dettagli.


Mobilità “fantasma” e altre storie di ordinaria confusione

Nel frattempo, il Consiglio di Stato dà per buona una mobilità obbligatoria effettuata per dei bandi che però erano stati annullati due anni prima.
Come dire: si è pagato il biglietto per uno spettacolo che non è mai andato in scena.
E non finisce qui: la mobilità non è stata rifatta per i nuovi bandi del 2010, come invece prescrive la legge (e pure una bella circolare del 2008).
Ma non preoccupatevi, è solo un altro passaggio ignorato.


Il terzo vizio che non ti aspetti

Come se non bastassero i due vizi principali, spunta anche un terzo difetto che nessuno ha considerato.
E riguarda chi doveva presiedere le commissioni concorsuali.
Il Comune di Cosenza aveva una regola precisa: la presidenza spetta solo a un dirigente interno.
Ma, sorpresa! In certi casi, pare proprio che così non sia stato.
Un errore già segnalato in una sentenza del 2009 sul concorso per il Museo Civico.
Ma evidentemente, a Palazzo dei Bruzi le sentenze si archiviano velocemente.


E ora? Siete ancora seduti?

Se metti insieme i tre vizi – mobilità volontaria mai fatta, mobilità obbligatoria scaduta e presidenza delle commissioni affidata fuori dalle regole – il quadro si complica.
Non poco. Si potrebbe arrivare a una sola, clamorosa conclusione: tutti gli atti dei dirigenti coinvolti potrebbero essere nulli.
Non annullabili, proprio nulli. Come se non fossero mai esistiti.
Un dettaglio giuridico che fa tremare sedie, scrivanie e forse anche qualche firma.


Conclusione (per modo di dire)

Insomma, a Cosenza il tempo si è fermato. Quindici anni di concorsi, ricorsi, carte bollate e dimenticanze strategiche.
Alla fine, potrebbe toccare riscrivere tutto da capo.
E mentre i cittadini aspettano risposte, la domanda resta: chi doveva vigilare?
E soprattutto: chi rimedia ora?
Forse serve un nuovo bando. Ma stavolta, con tutte le carte al loro posto.
E magari anche qualche memoria in più.