Briganti e carabinieri
Briganti e carabinieri

Antonio Colacino nacque a Tiriolo, in provincia di Catanzaro, con famiglia umile nei primi anni dell’Ottocento. Cresciuto in una regione montana, in un contesto economico precario e segnato dalla dominazione borbonica e dall’imposizione fiscale, il giovane trovò nella ribellione una risposta alla miseria e all’arretratezza della Presila calabrese. Si unì presto a gruppi di giovani scontenti che volevano sottrarsi al controllo delle autorità e alle esazioni dello Stato, dando origine a quello che sarebbe diventato una banda organizzata.

L’attività brigantesca: Tiriolo, Gimigliano e la sfida allo Stato

Antonio Colacino divenne capo di una banda composta da circa trecento uomini che operava tra Tiriolo, Gimigliano e i territori limitrofi. Il gruppo minacciò ripetutamente anche la città di Catanzaro, tanto da costringere la città stessa a chiudere le porte nei suoi confronti. Le azioni della banda furono caratterizzate da incursioni, incendi, razzie e atti di violenza contro le proprietà e le locali autorità borboniche. Il disegno era chiaro: contrastare le imposizioni fiscali, affermare il controllo esercitato dai briganti su vaste aree interne e ricavare risorse attraverso la violenza. Le autorità borboniche reagirono inviando contingenti militari, tra cui l’aiutante generale Giuseppe Iannelli, che nel gennaio 1811 riuscì a intercettare la banda, dispersa in quell’occasione.

Caduta prematura ed eredità controversa

La parabola di Antonio Colacino fu breve: morì il 29 febbraio 1811 all’età di 24 anni. Nonostante la giovane età, il suo fu un ruolo significativo nella storia del brigantaggio calabrese, anticipando quel fenomeno che nel corso dell’Ottocento avrebbe assunto dimensioni molto più ampie e complesse. Colacino non è oggi ricordato solo come un bandito, ma anche come figura emergente nel contesto dell’insurrezione popolare contro le strutture statali oppressive e dell’arretratezza sociale della Calabria interna.

Significato e memoria per la Calabria

La storia di Antonio Colacino rappresenta un frammento importante della storia meridionale e calabrese: la sua azione riflette le condizioni economiche, sociali e politiche delle comunità interne, e la tensione fra le istituzioni centrali e le popolazioni isolate. Se da un lato è emblema della violenza e dell’illegalità del brigantaggio, dall’altro richiama alla memoria il contesto di marginalizzazione che ha alimentato quelle ribellioni. Tradizione storica, memoria culturale e letture storiografiche diverse fanno di Colacino una figura complessa, capace di mettere in luce i molteplici volti del “fuorilegge” nel Mezzogiorno.