Nella ricerca spasmodica di raccontare una Calabria rinnovata, diversa, al passo con il resto dello Stivale, l'Italia sembra non dar conto al tentativo di spazzar via antichi pregiudizi. Non è un caso che format di stampo nazionale continuino a propinare e riproporre una Calabria ignorante, dove la tradizione viene presentata in chiave "grottesca", teatralizzandola in scenari da schernire e deridere. Questo è quanto successo nel programma televisivo "Lo Spaesato"  prodotto da Stand by Me in onda su Rai 2 dal 16 settembre 2024 e condotto da un Teo Mammuccari nel pieno del suo personaggio. Il format alterna due momenti, il primo in teatro, dove il conduttore interloquisce con i "paesani", il secondo nel corso del suo viaggio nel borgo da visitare e raccontare. 

Il teatro del ridicolo

La seconda edizione di "Lo Spaesato" si apre in Calabria,  nel borgo di Fuscaldo, un vero e proprio scrigno della costa tirrenica cosentina, ricco di storia che si intreccia con gli altri Comuni limitrofi. Ed è proprio di questa storia millenaria che Giacomo Cervo, artista fuscaldese che nel suo paese ha costruito un vero e proprio museo con le sue opere, raccontava al microfono teso da Mammuccari, il quale, con smorfie e facce seccate e annoiate, ha preferito lasciar passare il novantaquattrenne come il "vecchio rimbambito" che racconta un'epoca che non interessa più. Si è preferito dar spazio al ridicolo, come la "Festa dei Ciuati" (che - tra l'altro - fa parte di una tradizione folkloristica sanlucidana) che per quanto rimanda alla vicenda storica della fuga dei Saraceni dai turchi, è stata dipinta come una "mandria" di pazzi che si gettano a mare con indosso i vestiti. Così tra le risate dei "paesani" presenti in sala si è dimenticato di quanto questa comunicazione possa essere dannosa per chi guarda a questa Regione, non per i calabresi che dal proprio divano ridono di qualcosa di cui, magari, sono coscienti, non considerano come tutto questo sia solo un granellino di sabbia (estremizzato, tra l'altro) in mezzo a tante altre cose. Così mentre la Calabria tenta con fatica di tenere stretti i propri figli che emigrano per trovare un futuro diverso, in contesti che possano vantare un palcoscenico più globalizzato, moderno, al passo con i tempi, il resto di Italia ride e continua a definire i calabresi buffoni e fenomeni da baraccone, che mangiano peperoncino e parlano una lingua dimenticata da Dio. La Calabria è fatta - si - di tradizioni ma le tradizioni necessitano di essere integrate alle pagine bianche di un futuro che deve essere scritto dai giovani, da giovani che vogliono rimanere e non guardare appassire un Paese anziano e denigrato. 

Responsabilità e consapevolezza

Per quanto il format di Mammuccari faccia sorridere, una volta che si spegne il televisore ci si rende conto di quanto la Calabria non possa essere ricordata solo nel momento in cui bisogna mettere in luce qualcosa di dimenticato, vecchio, fuori moda. La responsabilità di ognuno è quella di riscrivere una trama diversa, che possa parlare di futuro, di rinnovamento, di contaminare la tradizione alla reale innovazione.