sfascino
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In Calabria, lo sfascino è un rituale tradizionale di origine antica volto a scacciare il malocchio—una forma di invidia o influenza negativa. Chi è “affascinato” manifesta sintomi fisici come mal di testa, stanchezza improvvisa o sbadigli continui, spesso associati a uno stato di malessere inspiegabile. L’affascino non è un insulto alla serenità, ma una credenza radicata nella cultura popolare, custodita nei piccoli borghi e tramandata da generazioni.

Il rito segreto: acqua, olio e preghiere silenziose


Il rituale si svolge in silenzio e riservatezza, idealmente nella notte di Natale o del Venerdì Santo. L’operatrice—spesso una donna anziana del paese—posa tre gocce di olio su un piatto d’acqua, recitando preghiere segrete. Se l’olio resta intatto l’affascino è assente; se si espande o si separa, sarà necessario “sfàscinare” usando simboli sacri e formule rituali con il pollice destro tracciando croci sulla fronte della persona affascinata. Gli sbadigli e un leggero malessere percepito anche da chi esegue il rito segnano il passaggio del “male” dall’affascinato alla curatrice.

Una tradizione di comunità e identità


Lo sfascino è una pratica che fonde sacro e profano, fede e superstizione, ed è profondamente legata all’identità calabrese. Viene tramandata oralmente e insegnata solo a poche persone per preservarne la sacralità. Sebbene oggi alcuni la considerino superata, resta un’ombra magica che accompagna l’infanzia rurale e le feste religiose. Tra le mani nodose delle donne anziane e il bisbiglio delle preghiere, lo sfascino racconta la Calabria autentica, fatta di credenze condivise, rispetto per le tradizioni e fiducia nei piccoli gesti rituali.