Allarme pensioni in Calabria: più assegni che lavoratori in provincia di Reggio e Cosenza
Il Mezzogiorno resta l’unica area d’Italia dove i pensionati superano gli occupati
Nel Mezzogiorno il sorpasso è ormai realtà: ci sono più pensioni che lavoratori attivi. È quanto emerge dal nuovo rapporto della Cgia di Mestre, che fotografa un’Italia sempre più divisa tra Nord e Sud.
Nel 2024, nel Sud e nelle Isole, a fronte di 7,3 milioni di pensioni erogate si contano solo 6,4 milioni di occupati, un disequilibrio che preoccupa economisti e amministratori. Il Mezzogiorno è, infatti, l’unica area del Paese in cui il numero di assegni previdenziali supera quello dei contribuenti.
Calabria tra le province più squilibrate d’Italia
Tra le province con il maggior disallineamento spiccano due calabresi: Reggio Calabria, dove il saldo negativo è di -86.977 unità, e Cosenza, che registra -80.430.
Numeri che collocano la Calabria ai vertici di una classifica preoccupante, insieme a Lecce (-90.306), Taranto (-77.958) e Messina (-77.002).
Secondo la Cgia, il problema nel Sud non deriva tanto dalle pensioni di vecchiaia o anticipate, quanto piuttosto dalla grande diffusione dei trattamenti assistenziali e di invalidità, che pesano in modo significativo sulla spesa pubblica e testimoniano un quadro socioeconomico fragile.
Le cause: denatalità, invecchiamento e lavoro nero
La Cgia mette in fila quattro fattori che spiegano il collasso del sistema: denatalità, invecchiamento della popolazione, bassa occupazione e alta irregolarità lavorativa.
In Calabria, come in gran parte del Sud, il tasso di occupazione resta tra i più bassi d’Europa, mentre cresce il numero di over 55 che restano nel mercato del lavoro più a lungo. L’indice di anzianità dei dipendenti privati nel Mezzogiorno supera l’80%, ben oltre la media nazionale (65,2%).
Nei prossimi anni, inoltre, la situazione potrebbe peggiorare: tra il 2025 e il 2029 oltre 3 milioni di italiani lasceranno il lavoro, e quasi il 75% di loro sarà concentrato nel Centro-Nord, dove l’invecchiamento sarà compensato solo in parte dal ricambio generazionale.
Gli effetti sulla Calabria e sui conti pubblici
Il rischio per la Calabria è quello di una spirale economica regressiva: meno occupati significa meno contributi e quindi una maggiore pressione sulla spesa previdenziale e assistenziale.
Le conseguenze potrebbero essere pesanti, non solo per i conti pubblici, ma anche per la coesione sociale, già messa a dura prova dalla carenza di opportunità lavorative, dalla fuga dei giovani e dal progressivo impoverimento delle aree interne.
Gli esperti della Cgia avvertono che “senza un deciso intervento per aumentare la base occupazionale, il sistema non sarà più sostenibile”.
Il bisogno di un cambio di rotta
Per invertire la tendenza, la Cgia propone di far emergere il lavoro nero, incentivare l’occupazione giovanile e femminile e promuovere un nuovo modello di sviluppo sostenibile per il Sud.
In Calabria, dove interi settori dell’economia sono ancora sommersi e informali, il rilancio passa inevitabilmente da una politica industriale e formativa capace di trattenere i talenti e valorizzare le risorse del territorio.
Il dato di Reggio Calabria e Cosenza – più pensionati che lavoratori – non è solo una statistica, ma un segnale d’allarme sociale. Senza nuove opportunità di lavoro e senza una strategia per i giovani, il rischio è che il “sorpasso” diventi permanente, trasformando la Calabria in una regione che vive più di passato che di futuro.