Calabria, la grande fuga dei giovani: in dieci anni persi 92mila under 35
È la regione con il più alto tasso di emigrazione interna d’Italia. Borghi svuotati, università con meno iscritti e un futuro sempre più incerto

In Calabria si sta consumando un dramma demografico che non fa rumore, ma che ogni anno diventa più grave. Secondo i dati ufficiali elaborati da Istat e Cgiap di Mestre, negli ultimi dieci anni la nostra regione ha perso 92.000 giovani tra i 15 e i 34 anni, pari a un calo del 19% della popolazione in quella fascia di età.
Non stiamo parlando di numeri astratti: sono storie di ragazzi e ragazze che chiudono la porta di casa con una valigia in mano, lasciando dietro di sé famiglie, amici e radici. È un flusso continuo che, giorno dopo giorno, svuota le aule universitarie, riduce la forza lavoro qualificata e impoverisce la vita culturale e sociale delle nostre comunità.
Il triste primato della Calabria
La Calabria detiene un record che nessuno vorrebbe avere: 8 residenti su 1.000, ogni anno, abbandonano la propria terra per trasferirsi in un’altra regione italiana. È il tasso di emigrazione interna più alto del Paese, e i dati dimostrano che non si tratta di un’emergenza passeggera, ma di un fenomeno strutturale.
Le mete preferite? Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, dove la domanda di lavoro è più alta e dove i giovani calabresi cercano stabilità economica e professionale. Chi parte difficilmente torna: meno del 20% decide di rientrare, e quasi sempre lo fa per motivi familiari, non lavorativi.
Le province più colpite
L’esodo non risparmia nessuna provincia. Cosenza guida la classifica con oltre 32.000 giovani in meno in dieci anni. Reggio Calabria segue con circa 27.000 partenze. Catanzaro perde 17.000 giovani. Nei piccoli centri, lo spopolamento è ancora più evidente: intere classi scolastiche vengono accorpate per mancanza di alunni, molte attività commerciali chiudono, le piazze diventano vuote già nel tardo pomeriggio.
Un problema che parte da lontano
La causa principale di questa emorragia è la mancanza di opportunità lavorative e di prospettive professionali. La Calabria, secondo gli ultimi dati Istat, ha un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 37%, più del doppio della media europea.
A questo si aggiungono infrastrutture carenti, servizi pubblici spesso inadeguati e un sistema universitario che, pur offrendo eccellenze, non riesce a trattenere i suoi laureati. Non è raro che un giovane calabrese si iscriva all’università fuori regione e non faccia più ritorno.
Il rischio di una terra “senza eredi”
La Calabria conta oggi 1.838.568 abitanti, con un calo di oltre 8.000 residenti in un solo anno. Dal 2000 a oggi, abbiamo perso 160.000 persone. Se il trend dovesse continuare, tra vent’anni la regione rischia di avere una popolazione fortemente anziana, con conseguenze drammatiche per l’economia, la sanità e il welfare.
Questo significa meno lavoratori, meno imprese, meno innovazione. Ma anche meno bambini, meno scuole e meno servizi. È un circolo vizioso che va interrotto con politiche concrete e non solo con proclami.
Cosa si può fare per fermare l’emorragia
Gli esperti indicano alcune priorità: Incentivi alle imprese che assumono giovani in Calabria. Investimenti in infrastrutture per rendere la regione più connessa e competitiva. Valorizzazione delle risorse locali, dal turismo alla filiera agroalimentare, creando occupazione di qualità. Sostegno alle start-up e all’innovazione tecnologica.
Ma serve anche un cambiamento culturale: far capire ai giovani che restare in Calabria può essere una scelta vincente, e non un ripiego.
Un appello alla politica
Il tema dello spopolamento deve diventare centrale nell’agenda politica regionale e nazionale. Perché ogni giovane che parte è una sconfitta per tutti, e ogni valigia che lascia la Calabria porta via non solo una persona, ma anche competenze, energie e futuro.
Se non si interviene subito, rischiamo di diventare una terra che sopravvive solo nei racconti dei nostri emigrati.