A tre anni dalla firma dell'accordo quadro del 14 marzo 2022 tra la Regione Calabria e le organizzazioni sindacali, la situazione dei lavoratori ex Lsu/Lpu stabilizzati rimane critica. Secondo Davide Tavernise, capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio regionale, nulla di quanto concordato è stato effettivamente realizzato. L'intesa prevedeva il rafforzamento del trattamento economico del personale stabilizzato, ma si è rivelata una promessa mancata.

Una stabilizzazione "precaria"

Nonostante la stabilizzazione a tempo indeterminato, migliaia di lavoratrici e lavoratori continuano a vivere in condizioni di precarietà economica, con contratti part-time insufficienti a garantire un'esistenza dignitosa. Molti comuni, soprattutto quelli montani e in difficoltà economica, non hanno le risorse per aumentare le ore contrattuali di questi dipendenti, fondamentali per assicurare i servizi essenziali alla cittadinanza.

La Regione ha inoltre ridotto significativamente i fondi destinati al settore: oltre un milione in meno per il 2024 e più di quattro milioni di euro in meno per ciascuno degli anni 2025 e 2026. Questa decisione contraddice l'accordo regionale, che prevedeva l'utilizzo delle economie derivanti da pensionamenti o fuoriuscite per incrementare l'orario dei lavoratori ancora in servizio.

Tavernise chiama Occhiuto

Tavernise ha più volte richiesto un incontro al presidente Occhiuto per discutere soluzioni strutturali e sostenibili, ma senza ottenere risposta. Anche molti comuni e sindaci hanno sostenuto questa richiesta con delibere ufficiali, chiedendo alla Regione di spiegare il mancato rispetto dell'accordo sottoscritto con la vicepresidente Princi e il direttore Cosentino.

La proposta di attivare la mobilità intercomunale, per redistribuire i lavoratori in modo funzionale anche nei piccoli centri, come nel caso di San Lorenzo Bellizzi, dove il personale è in calo, rimane inascoltata.

Oggi, Tavernise chiede con forza "al presidente Roberto Occhiuto e all'intera Giunta regionale di uscire dal silenzio e assumersi le proprie responsabilità. È necessario ristabilire le risorse previste, attivare strumenti di mobilità e sostenere i comuni che, senza questi lavoratori, non potrebbero garantire i servizi minimi. Non c'è più tempo da perdere. Questo è un problema sociale e occupazionale che non può essere ulteriormente rimandato".