L’allarme Xylella si fa sempre più pressante per il Mezzogiorno italiano. La recente individuazione di 47 ulivi infetti a Cagnano Varano, nel cuore del Gargano, segna un nuovo e preoccupante capitolo nella diffusione della Xylella fastidiosa, il batterio che da oltre un decennio minaccia l’olivicoltura italiana. Dopo aver devastato il Salento, ora la Xylella si affaccia minacciosamente verso la Basilicata e la Calabria, spinta da condizioni climatiche favorevoli e dalla mobilità degli insetti vettori, come la Philaenus spumarius, nota come “sputacchina”.

Se finora la Calabria ha potuto considerarsi una zona franca, oggi non è più così. Le ultime segnalazioni nei territori lucani vicini ai confini pugliesi confermano che l’infezione può facilmente penetrare da aree contigue. Di fronte a questa minaccia, l’intero sistema agricolo e istituzionale calabrese è chiamato a una risposta rapida e coordinata: prevenire è l’unica strategia efficace.


Un patrimonio millenario a rischio

La Calabria rappresenta una delle regioni simbolo dell’olivicoltura italiana, con cultivar di pregio come Carolea, Roggianella e Ciciarello, che non solo generano valore economico, ma definiscono identità culturale e paesaggio. Tuttavia, le mappe di rischio agronomico indicano molte zone collinari e costiere calabresi come favorevoli alla sopravvivenza del batterio, rendendo il territorio particolarmente vulnerabile.

La posta in gioco è altissima: il futuro di un’intera filiera, di un paesaggio iconico e delle comunità rurali che da secoli vivono grazie all’ulivo.


Le tre direttrici della difesa: prevenzione, sorveglianza, gestione condivisa

L’esperienza pugliese fornisce indicazioni chiare: non si può attendere il primo focolaio per agire. Serve un monitoraggio continuo, con controlli mirati e analisi fitosanitarie, per individuare e rimuovere tempestivamente le piante infette, istituendo contestualmente zone cuscinetto per bloccare l’avanzata del batterio.

Un fronte essenziale è anche il contenimento dei vettori attraverso pratiche agronomiche mirate: lavorazioni leggere del suolo, diserbo programmato e trattamenti selettivi possono ridurre in modo significativo la pressione infettiva. Ugualmente importante è la gestione del verde spontaneo: bordi stradali, fossi, aree incolte rappresentano habitat ideali per la sputacchina e devono essere costantemente mantenuti.

La prevenzione, quindi, deve diventare una responsabilità collettiva, condivisa da agricoltori, amministrazioni locali, enti territoriali e cittadini.


Vivai certificati: prima linea della difesa

Un presidio fondamentale in questa sfida è rappresentato dai vivai certificati, che producono piante sane e garantite dal punto di vista genetico e fitosanitario. In Calabria, alcune realtà vivaistiche sono attive da generazioni e operano già all’interno del sistema Qualità Vivaistica Italia (QVI), il più alto standard nazionale ed europeo.

Secondo Maria Grazia Milone, presidente di CIA Agricoltori Italiani Calabria Centro, “la qualità è lo strumento per superare le difficoltà e vincere le sfide. Piante certificate significano impianti più produttivi, durevoli e resistenti, con minore bisogno di input chimici”.

Tuttavia, affinché il sistema vivaistico possa svolgere al meglio il suo ruolo, è necessario un rafforzamento dei Servizi Fitosanitari Regionali. Questi organismi, oggi sottodimensionati, devono disporre di più ispettori, risorse e un dirigente dedicato, per garantire un controllo efficace su tutto il territorio regionale.


La politica deve fare la sua parte

La battaglia contro la Xylella non può essere lasciata solo nelle mani degli agricoltori o dei tecnici. Serve una mobilitazione istituzionale forte, coordinata e dotata di strumenti straordinari. Per questo, CIA Calabria propone la nomina di un Commissario straordinario nazionale, con poteri semplificati e risorse dedicate, in grado di coordinare le misure su scala interregionale.

Contestualmente, la Regione Calabria deve attivare un Piano Regionale di Emergenza con protocolli aggiornabili e operativi, mentre lo Stato centrale deve riconoscere alla Calabria lo status di “zona a rischio elevato”, sbloccando fondi speciali per sorveglianza, ricerca, prevenzione e compensazione in caso di danni.

Anche l’Unione Europea deve essere coinvolta, garantendo risorse aggiuntive per una regione che rischia di essere il prossimo bersaglio del batterio.


Un’ultima occasione per reagire

La Calabria ha oggi un’opportunità decisiva: quella di intervenire prima che la Xylella varchi definitivamente i suoi confini. L’assenza di focolai accertati non può più essere considerata una garanzia, vista la carenza di controlli sistematici finora effettuati. Il comparto olivicolo, cresciuto stabilmente negli ultimi anni, rischia di subire danni irreversibili.

Per Nicodemo Podella, presidente regionale di CIA Calabria, “quando la difesa è messa in moto oggi, con responsabilità e visione collettiva, si può sperare di evitare che la Xylella tenga il destino della Calabria nelle sue spire”.

Difendere l’olivo non significa solo salvare una pianta, ma proteggere un intero sistema economico, paesaggistico e culturale. È una sfida che riguarda tutti: istituzioni, produttori, cittadini. Perché il rischio non è solo agricolo, ma sociale.