Salari in Calabria tra i più bassi d’Italia, l’allarme della Cgil
Trotta chiede il salario minimo per garantire dignità al lavoro e ridurre il divario con il resto del Paese
I salari dei lavoratori calabresi si confermano tra i più bassi d’Italia, evidenziando un divario profondo tra Nord e Sud che continua ad ampliarsi. A certificarlo è un’indagine dell’Ufficio Economia della Cgil nazionale, basata su dati Inps, che restituisce un quadro critico fatto di basse retribuzioni, precarietà diffusa e minori tutele occupazionali. Una situazione che incide direttamente sulle condizioni di vita dei lavoratori e sulla tenuta sociale del territorio.
I numeri dei salari raccontano un divario strutturale
Nel 2024 il salario medio lordo annuale di un lavoratore dipendente del settore privato, esclusi agricoltura e lavoro domestico, è stato di 24.486 euro a livello nazionale. In Calabria la media si ferma a 15.880 euro, con una distanza di quasi novemila euro. Anche restringendo l’analisi ai lavoratori a tempo indeterminato e a tempo pieno che hanno lavorato per un intero anno, il divario resta marcato. La media nazionale sale a 39.563 euro, mentre in Calabria si ferma a 31.618 euro, confermando una penalizzazione che non è episodica ma strutturale.
Precarietà e lavoro atipico pesano sulle buste paga
Secondo il segretario generale della Cgil Calabria, Gianfranco Trotta, i dati sono preoccupanti ma coerenti con una realtà nota da tempo. Nel Mezzogiorno le giornate lavorative retribuite sono meno numerose e il mercato del lavoro è caratterizzato da una forte incidenza di contratti atipici. Il lavoro a termine, il part-time e le forme di occupazione discontinue sono molto più diffuse rispetto alla media nazionale, con un effetto diretto sull’abbassamento dei salari e sulla stabilità economica delle famiglie.
La richiesta del salario minimo per ridare dignità al lavoro
In questo contesto, la Cgil torna a sollecitare l’introduzione del salario minimo legale. Per Trotta si tratta di una misura necessaria per garantire lavoro dignitoso e sicuro, contrastare i contratti pirata e le retribuzioni troppo basse, oltre che per allineare l’Italia alle direttive europee. Una scelta che avrebbe un impatto decisivo soprattutto nelle regioni come la Calabria, dove il lavoro povero è una condizione sempre più diffusa.
Infrastrutture carenti e sviluppo che non decolla
Accanto al tema salariale, emerge con forza la questione infrastrutturale. La Calabria, sottolinea la Cgil, paga il prezzo di collegamenti e reti di trasporto inadeguati che scoraggiano gli investimenti produttivi. La Zona economica speciale avrebbe potuto rappresentare un’opportunità strategica, ma l’estensione delle agevolazioni a tutto il Mezzogiorno ha finito per penalizzare le aree più fragili. A parità di incentivi fiscali, le imprese scelgono territori con una logistica più efficiente e una mobilità più semplice.
L’appello al governo per il Mezzogiorno
Alla luce anche degli stop e delle riflessioni emerse sul progetto del Ponte sullo Stretto, la Cgil Calabria chiede al governo un cambio di passo e una maggiore attenzione alle infrastrutture del Sud. Senza investimenti concreti e mirati, avverte il sindacato, il rischio è quello di continuare a produrre lavoro povero e salari bassi, lasciando la Calabria ai margini dello sviluppo economico e sociale del Paese.