Consultazioni sulla legge Severino, misure cautelari, separazione delle carriere, valutazioni dei magistrati e candidature per il Csm: erano questi i quesiti su cui gli italiani sono stati chiamati a rispondere al referendum sulla giustizia.


Un’iniziativa - promossa da Lega e Radicali – rivelatasi fallimentare, che colloca il referendum del 12 giugno come il meno partecipato di sempre, con un’affluenza poco superiore al 20,9%.

Fallisce, così, l’obbiettivo di arrivare al quorum, che avrebbe dovuto raggiungere il 50 % dei voti +1 degli aventi diritto. Un flop storico, che, a detta dell’ex ministro leghista, Roberto Calderoli, non ha raggiunto l’affluenza prevista a causa di un “complotto del governo”, che spiega in un discorso a spoglio ancora aperto.


«Spiace rispetto a una serie di concause che hanno portato a questo risultato. – afferma Calderoli - Non ho il minimo problema a dire che, secondo me, c’è stato un complotto che ha agito con singoli soggetti, magari non in forma associativa, ma ciascuno ci ha messo del suo, perché questo quorum non potesse essere raggiunto».

"Il centrodestra e, soprattutto, Salvini, hanno sbagliato ad usare in modo propagandistico lo strumento referendario", afferma Simona Malpezzi, capogruppo del Pd al Senato. "Il centrodestra non è stato seguito neppure dal suo elettorato che ha disertato le urne. I cittadini non hanno compreso quesiti estremamente tecnici e complessi; questa è una materia parlamentare su cui il Parlamento ha già lavorato con le riforme Cartabia che sono state approvate e su cui lavorerà questa settimana perché arriva in aula la riforma del Csm".

Per quanto i motivi del flop referendario siano molti e diversi, è chiaro che questo avvenimento sia stato un palese segno dello scollamento tra politica ed opinione pubblica, che ha segnato in maniera netta e marcata una scissione tra le parti. Per quanto sia una parte essenziale la voce del popolo - e di conseguenza, il potere del referendum - per ciò che concerne la natura democratica del sistema politico italiano, la scarsa affluenza al seggio costituisce una sfiducia nei confronti del governo.

Che sia stato il bisbiglio dei media o la complessità dei quesiti posti, ciò non toglie il senso di passività che il popolo italiano vive nei confronti della politica, come ad intenderla qualcosa di lontano, esterno rispetto alla propria vita e al proprio destino.