Se le aziende e le attività in questo periodo chiedono  di poter tornare a lavorare per non bloccare il motore produttivo del Paese, c’è un settore che da marzo ad oggi non si è mai fermato: ovvero l’agricoltura. Eppure gli stravolgimenti sociali e la situazione di crisi generale dovute alla pandemia hanno avuto ripercussioni pesanti sul settore agroalimentare. A lanciare il grido d'allarme è Cristian Raoul Vocaturi, Vicepresidente Nazionale Vicario e Presidente Calabria Agrocepi, la Federazione Nazionale Agroalimentare.



Calo dei consumi dovuto alla crisi 


"In questo momento - dice Vocaturi- ci sono diverse problematiche che affliggono il mondo dell'agroalimentare. La situazione sociale, dovuta alla pandemia in corso, ha fatto sì, che le persone uscendo di meno, acquistino meno prodotto. Per questo motivo il consumo si è ridotto drasticamente. La grande distribuzione non si è mai fermata, nonostante le vendite vadano a rilento rispetto al solito, e la vendita del prodotto fresco è riuscito a dare una boccata d'ossigeno alle aziende e agli agricoltori. La stessa cosa, però, non è stata per il prodotto trasformato, come ad esempio l'olio e il vino.  A farne le spese è stato soprattutto il settore Horeca (Hotellerie-Restaurant-Café), che ad oggi è il settore che sta soffrendo più di tutti". 



A penalizzare ulteriormente gli agricoltori sono anche le temperature e il fattore climatico


Oltre alla crisi dovuta al Covid, che ha fortemente rallentato i consumi, c'è un'altro fattore che si aggiunge al momento di difficoltà vissuto dal settore agroalimentare, le condizioni climatiche non favorevoli. Non è, infatti, la prima volta che gli agricoltori sono costretti a combattere contro "la piaga" della temperature troppo calde, che inevitabilmente vanno ad incidere sul prodotto, soprattutto per quanto riguarda il settore agrumicolo.

"Come già successo due anni fa -continua Vocaturi- vi è un eccesso di massa critica, che gli agricoltori non riescono a fornire alla grande distribuzione, soprattutto per il fatto che lo sbalzo eccessivo delle temperature, fa sì che il prodotto marcisca ancora prima di essere raccolto. E quando non si riesce a vendere nella grande distribuzione italiana, cercando di esportare il prodotto nel mercato estero, i prezzi cambiano".

 La concorrenza con il mercato estero e la "guerra" del prezzo al ribasso


"Qui entriamo - dice Vocaturi - in un'altra problematica contro la quale gli agricoltori, e le azienda italiane in generale, sono costrette a combattere da anni. La concorrenza estera "sleale". Sopratutto in questo momento di crisi, le persone entrano in un supermercato e non badano di certo all'etichetta, bensì al prezzo. Per questo motivo -prosegue- se lo Stato Italiano chiede alle aziende il rispetto delle regole a livello sanitario, così come la tracciabilità del prodotto stesso, e tutta una serie di regole da rispettare, e le aziende a loro volta investono per garantire il rispetto di queste regole, lo Stato deve tutelare le aziende ed impedire che il mercato estero "uccida" il prezzo del prodotto italiano. Non basta promuovere il marchio "Made in Italy" se poi non si tutelano le aziende italiane". 

Lo Stato in soccorso del settore agricolo


 "Se i costi aumentano e il consumo diminuisce - conclude Vocaturi- sia per problemi climatici, sia per il periodo  che il mondo sta attraversano, per gli agricoltori è la fine. Per noi agricoltori è la fine. Lo stato deve tutelarci, e sopratutto deve tutelare i giovani, che hanno deciso, come me, di restare nella propria terra e renderla migliore".